“L’architettura è un’arte di frontiera. Solo se si accetta la sfida di farsi contaminare, di farsi costantemente provocare da tutto ciò che è vero, ha ragione di essere. Altrimenti è roba da salotto, da accademia. L’abbiamo già detto, c’è una profonda somiglianza fra la musica e l’architettura, così immateriale l’una quanto è materiale l’altra. La splendida esecuzione della Terza Sinfonia di Mahler diretta da Abbado al Lingotto (la cui sala rettangolare consente una delle migliori acustiche) era pura poesia, ed è svanita nell’aria. Penso all’Auditorium di Parma realizzato nella vecchia fabbrica dell’Eridania, di cui su quel tavolo vedi il modellino. Sì, nella musica come nell’architettura ritrovi la stessa voglia di precisione, di ordine matematico, geometrico, le stesse certezze, magari le stesse disubbidienze…”
“Sento molto gli elementi immateriali, come sono la luce, le trasparenze, le vibrazioni, il colore, tutti elementi che interagiscono con la forma dello spazio, ma che non sono riconducibili ad esso. Nella ricerca della leggerezza e della trasparenza, nel lavoro sulla luce, c’è una continuità logica e poetica. La luce naturale (spesso diffusa dall’alto) è una costante del mio lavoro. L’immaterialità è anche di Calvino, appartiene alla sua fantasia. Calvino non è solo lo scrittore delle Lezioni americane, ma è anche l’autore de Le città invisibili. Credo che in una delle prime edizioni avesse scritto di una città fatta di tubi, che in qualche modo richiamava il Beaubourg. Solo che i muratori in quella città non arrivarono mai e le Naiadi se ne impossessarono. Nella fantasia di Italo Calvino, insomma, il Beaubourg era diventato una città di tubi”.
Ormai giunto alla sua settima edizione, questo affascinante racconto-intervista di Renzo Piano con il giornalista Renzo Cassigoli si arricchisce di una inedita intervista di Enzo Siciliano al grande architetto. Altro tassello, dunque, di questo libro singolare che nelle sue sette edizioni si è progressivamente arricchito non solo dei commenti di Piano ai lavori che andava affrontando – dalla Potsdamer Platz di Berlino all’Auditorium di Roma, da Nouméa in Nuova Caledonia al museo di Sarajevo, dalla nuova sede de “Il sole 24 ore” al progetto per la Collina degli Erzelli, a Genova – e di riflessioni più generali sulla sua professione, sul concetto di “architettura sostenibile”, sulla responsabilità dell’architetto, su architettura e arte, sull’idea di città ma anche su temi più “eccentrici” quali il ricordo di Italo Calvino o il commento sull’attribuzione del Premio Nobel a Günter Grass.