Il ritorno all'essenziale è: «un'operazione complessa e delicata, che è insieme spirituale e culturale: comporta un processo di reinterpretazione del nostro essere cristiani in questo tempo; vuol dire togliere, rinunciare, riconoscere il carattere obsoleto di alcune cose che forse hanno contribuito a generare santi, ma in un tempo diverso dall'attuale. Tornare all'essenziale significa ritrovare il nucleo incandescente della nostra vita attorno al quale ridefinire la nostra esistenza personale di credenti; ma anche la vita della Chiesa, la pastorale, la spiritualità. Il ritorno all'essenziale è un cammino nel deserto, duro e sfidante, basato su una promessa, in attesa del suo compimento» (p. 13). Le domande fondamentali che hanno accompagnato il cammino di ritorno all'essenziale scandito da cinque tappe (ascoltare, accogliere, discernere, uscire, stare) sono state: che cosa è essenziale per me, nella mia vita di persona di oggi? Di credente di oggi? Di prete di oggi? Cioè qual è quella realtà senza la quale non potrei vivere? Senza la quale la mia vita sarebbe consegnata al non senso, alla solitudine radicale, al vuoto? E per la Chiesa di oggi? Che cosa riteniamo essenziale? Come, con quali criteri, dove, con chi fare la reinterpretazione della spiritualità cristiana? La reinterpretazione della pastorale?