L'autore
ANTONIO PITTA, presbitero, è ordinario di Nuovo Testamento presso la Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale (Napoli), di cui è Preside. Coordinatore degli studiosi di Nuovo Testamento per l'Associazione Biblica Italiana, è anche membro dell'internazionale New Testament Society. Fra le sue pubblicazioni: Disposizione e messaggio della lettera ai Galati. Analisi retorico-letteraria (Roma 1992); Sinossi paolina (Cinisello Balsamo 1994); Lettera ai Galati. Introduzione, versione e commento (Bologna 2000); Il paradosso della croce. Saggi di teologia paolina (Casale Monferrato 1998); Lettera ai Romani (Milano 2001).
Il libro
Con le due lettere che sono confluite nella 2Corinzi canonica - la lettera della riconciliazione (2Cor 1-8) e quella polemica (2Cor 9-11 ) - è trasmessa ed affidata alle comunità cristiane di tutti i tempi la magna charta del ministero o dell'apostolato cristiano. Costretto a difendersi da accuse infamanti che tendono a screditare il suo ministero, Paolo intesse le due più elevate apologie del suo apostolato, facendo parlare non tanto la sua autorità di apostolo di Cristo, quanto le dinamiche del suo profondo rapporto con Cristo e con le sue comunità. Diverse sono le calunnie che risaltano dalle due lettere inviate alla comunità di Corinto, tra il 55 e il 56 d.C., forse da Filippi: un carattere incostante, di chi rivede spesso i propri progetti di viaggio alla volta di Corinto per non affrontare di petto i suoi avversari; la subdola intenzione di mercanteggiare la Parola di Dio o il vangelo di Cristo per finalità lucrative: sono le accuse che gli giungono in Macedonia quando detta la «lettera della riconciliazione». Intanto sembra che la polemica con la comunità stia risolvendosi con il pentimento di coloro che hanno posto in discussione le credenziali del suo apostolato: l'arrivo di Tito in Macedonia rasserena il cuore di Paolo con le notizie sulla positiva disponibilità dei Corinzi. Per questo può riprendere, con fiducia, la questione spinosa della colletta per i poveri della Chiesa madre di Gerusalemme, esortando i Corinzi a gareggiare in generosità con i Macedoni. Bisogna riprendere l'iniziativa interrotta da un anno e considerarla non come semplice raccolta di danaro bensì come benedizione, amore, grazia, generosità, comunione, liturgia e servizio.
Purtroppo l'orizzonte si rabbuia con la nuova ondata di accuse che rimbalzano subito dopo l'invio della lettera della riconciliazione (2Cor 1-9): da avversari esterni alla comunità Paolo è calunniato di essere remissivo e debole da vicino o di persona, mentre è aggressivo e forte per via epistolare; non presenta credenziali degne di rilievo per chi, come i «super-apostoli», è stato inviato per evangelizzare, in quanto mancano i prodigi e i segni dell'apostolato: persino l'evangelizzazione gratuita in Acaia dimostra la carenza di amore per i Corinzi; e nel tipo di comunicazione del vangelo si rivela incolto nell'arte retorica. In un clima di accesa polemica che coinvolge nuovamente la comunità di Corinto, che ha dato credito ai suoi nuovi detrattori, Paolo indirizza la sferzante «lettera polemica» (2Cor 10-13), annunciando finalmente una visita punitiva a Corinto. Le risposte di Paolo non lasciano irrisolte le accuse ingenerate dall'interno e dall'esterno della comunità; il suo è un ministero sostenuto dalla permanenza della gloria di Dio nel suo apostolato, dalla libertà dello Spirito, dall'amore di Cristo, dalla gratuità nelle fatiche per il vangelo, dall'intenso amore per quanti ha evangelizzato e dalla potenza di Cristo nella sua debolezza. Le prove delle sue difese non sono verbali né astratte, come quelle di un mestierante che si serva del vangelo per millantare credito, bensì sono attestate dalle ferite subite per Cristo e che, come apostolo, porta indelebili sul suo corpo. Senza finzioni o sotterfugi si presenta ai suoi lettori, con la speranza di riconquistare la comunità che gli ha procurato le maggiori sofferenze nell'apostolato: i destinatali sono invitati a guardare oltre l'apparenza, a contemplare l'avanzare della necrosi e della vita di Cristo nel loro corpo mortale, a lasciarsi finalmente riconciliare con Dio da quanti con e come Paolo sono stati scelti per esercitare l'apostolato cristiano.
Poiché si presenta con estrema sincerità e verità di fronte a chiunque, con la 2Corinzi Paolo inaugura quel grande filone della tradizione cristiana definito come theologia cordis: la teologia del cuore o della sede in cui Dio ha posto la caparra dello Spirito e dove Gesù Cristo scrive la più autentica lettera di raccomandazione che sia stala prodotta, con i nomi dei credenti che incide non con l'inchiostro bensì con io Spirito del Dio vivente.
La 2Corinzi canonica può essere definita come il più bel sermo corporis di Paolo: la lettera scritta con il corpo o con la propria persona, colta in relazione vitale con Cristo e con la propria comunità. Nei confronti di Cristo si assiste ad una dinamica tensione tra la morte e la vita, tra la permanenza progressiva della gloria di Dio e la momentanea leggerezza della tribolazione; nei confronti della comunità, si stabilisce una relazione paragonabile non tanto a quella, pur significativa e necessaria, fra amici che devono dimostrarsi tali soprattutto nelle prove, quanto a quella di un padre che si spende e si consuma sino alla fine per amarla, nonostante i tradimenti, e per presentarla come vergine casta, data in sposa a Cristo l'unico suo sposo.
Quando si è colti dalle tribolazioni e dalla debolezza, la 2Corinzi rappresenta l'alimento necessario perché nessuna prova scoraggi chi è stato chiamato dal Signore a svolgere il ministero dello Spirito e della riconciliazione.
Mediante la combinazione del metodo storico-critico e dell'analisi retorico-letteraria, A. Pitta offre un accattivante commentario esegetico a quella che diversi esegeti considerano la più difficile delle lettere paoline.