«Il vostro parlare sia: sì sì; no no». La frase racchiude una profonda
tensione morale verso il vero, il riserbo, l’austerità, l’essenziale. Cristo è morto e risorto e tanto basta. A prima vista, non riguarda il campo conoscitivo; riguarda il campo etico, che impone la sua legge esclusiva alla vita, ai rapporti con le persone e alla stessa conoscenza.
Oggi, nella società complessa il discorso può ridursi al sì-no? La dimensione etica non cambia, ma la conoscenza sì; e il loro rapporto gioca
qualche scherzo. Il moderno ritiene che dimensione etica e dimensione
conoscitiva possano andare ciascuna per la sua strada; di modo
che la conoscenza non abbia remore di tipo etico. È un meccanismo
che porta alla scissione dell’identità.
Senza bisogno di aspettare la complessità e il relativismo dei moderni,
basta tornare ai 10 comandamenti, pagina celeberrima proprio per la
semplicità. Ma Gesù fa di tutto per superarli in una interpretazione
psicologica, intenzionale, subliminale.
Perché allora, proprio in questo contesto, una apparente apologia della
semplicità come: «Sia invece il vostro parlare sì sì; no no; il di più
viene dal maligno»? Se avesse detto: «Sia invece il vostro parlare sì,
no», il nostro parlare si sarebbe dovuto adeguare a un modello “autistico”.
Invece ha detto: «Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no», cioè
la simulazione di un dialogo di cui si sente solo un polo, quello che risponde.
Primato dell’ascolto. Prendere sul serio chi ti interpella e rispondere
chiaro, senza ambiguità.
E infine, soprattutto, saper dire di sì. E saper dire di no: a certe cose
bisogna saper dire di sì; ad altre bisogna saper dire di no. Costi quel
che costi.
Forse «parlare sì sì, no no» va inteso non come il sano buon senso, ma
come la più raffinata, consapevole, prudente, forma di aspirazione di pulizia etica, epistemologica e linguistica.