Oggi si viaggia molto, annullando però l'esperienza della "strada" nella velocità. Anche perciò ci è parso utile riflettere su tale dimensione, che si allaccia a quella della "via". Percorrere una via implica una strada, un sentiero, una pista, una traccia da seguire, sulle rocce o sul mare o nel bosco o in un deserto o nella neve. A sua volta, l'aprire una via crea una forma di strada. Né la strada è un provvisorio passaggio da una casa o località all'altra, per ritrovare la "stanzialità", che sarebbe la "norma". È invece condizione di possibilità del vivere umano. Il mondo è umanizzato non meno dalle strade che dalle case: infatti le guerre distruggono prima di tutto le strade e i ponti. Guai se non "abitassimo" anche le strade, e se non vivessimo anche le case come tende mobili e crocicchi di incontro. La strada ha suggerito molte metafore (farsi strada, trovare la propria strada, essere su una cattiva strada, ecc.) ed è all'origine del termine "metodo". Non basta essere arrivati a un certo punto. Va precisato il metodo, la strada seguita, così che anche altri ci possano poi arrivare, e noi stessi ci possiamo arrivare di nuovo. Strada dice un aspetto essenziale della nostra ragione e della organizzazione ragionevole dell'esperienza. "Via" ci rinvia all'etica, quando si parli di "retta via". Se il moralismo impone rigide prescrizioni, il rigore morale chiede di seguire con rettitudine la via individuata in coscienza come giusta, anche se non rettilinea: vie tortuose, anche interrotte (gli Holzwege, di cui parla Heidegger), possono condurre a scoprire nel bosco radure, a raggiungere luoghi inesplorati dell'esperienza umana. Ci auguriamo che il presente quaderno, nella varietà degli aspetti considerati, possa offrire ai lettori luci sui loro personali percorsi.