Siamo ad Atene, nel 416 a.C. Il simposio comincia. Gli invitati si distendono l'uno accanto all'altro sopra i lettucci: cenano, fanno le libagioni rituali, cantano gli inni di Dioniso. Su proposta di Fedro, ognuno di essi pronuncia un discorso in lode di Eros. Non c'è argomento più adatto a una riunione dionisiaca: perché, come sapremo da Socrate, Eros è stato concepito da un dio ubriaco di nettare. Il discorso di Aristofane, uno dei commensali, annuncia il tema centrale del Simposio: l'alleanza, che si stabilì in quella notte unica al mondo, tra lo spirito erotico della filosofia e lo spirito dionisiaco, insieme farsesco e tragico, della commedia. Aristofane e Socrate appartengono per un momento allo stesso regno: sia la commedia che la filosofia balzano oltre l'intelligenza razionale per cogliere la verità suprema con un mito che illumina, splende, rivela ciò che la ragione da sola non sarebbe mai capace di esprimere; sia Aristofane che Socrate scorgono l'essenza di Eros nella mancanza e nella ricerca, nella morte e nella rinascita.
Quando la notte è al suo culmine, nel cortile si ode un gran frastuono. Poi irrompe nella sala il più elegante e indemoniato tra gli spiriti dionisiaci: Alcibiade, completamente ubriaco. Appena vede Socrate, si stende sul lettuccio accanto a lui, lo inghirlanda e ne pronuncia l'elogio. Per bocca di Alcibiade, Dioniso stesso esalta Socrate, e ci mostra in quest'uomo modesto, sobrio, ironico, la più alta incarnazione che lo spirito dionisiaco possa conoscere. Ma il Simposio non si trasforma in un'orgia sacra. Socrate non cede alla tremenda forza del dio. Egli è il seduttore che non si lascia sedurre, l'ispiratore che non viene invasato. Conosce tutti i religiosi deliri che assalgono l'anima degli uomini: la follia di Dioniso, la follia di Apollo, la follia di Eros: ne deriva tutta l'elevazione e la forza di verità; eppure trova in questa condizione una specie di calma e regale tranquillità, che gli permette di superare delirando lo stesso delirio.
Questo volume - il dialogo platonico che forse come nessun altro ha saputo mediare in maniera perfetta arte poetica e pensiero filosofico - è il secondo della nuova serie che vedrà pubblicata tutta l'opera di Platone e che si inserisce in quel filone "filosofico" della collana che già comprende autori come Empedocle, Eraclito, Aristotele, Giuliano Imperatore. Il testo è quello dell'ormai canonica edizione curata da Burnet mentre introduzione, traduzione e commento hanno la prestigiosa firma di Giovanni Reale, considerato il massimo studioso di Platone in Italia e all'estero. Con quest'opera Platone ha forse scritto il suo capolavoro: nel Simposio l'arte tragica e quella comica si fondono per esprimere un meraviglioso messaggio sull'Eros filosofico.
Indice - Sommario
Introduzione
Fonti per la bibliografia sul Simposio e lessici platonici
Abbreviazioni bibliografiche
TESTO E TRADUZIONE
Sigla
Simposio
COMMENTO
Indice dei nomi delle persone e dei luoghi
Prefazione / Introduzione
Occorre accostarsi al Simposio con il metodo che Edgar Wind, occupandosi della grande pittura del Rinascimento, ha indicato: "Un metodo che vada bene per le opere minori ma non per quelle grandi è ovviamente partito dalla parte sbagliata. In geometria, se posso servirmi di un paragone così remoto dal nostro campo, è possibile arrivare alle parallele euclidee riducendo a zero la curvatura di uno spazio non-euclideo, ma è impossibile arrivare a uno spazio non-euclideo partendo dalle parallele euclidee. Allo stesso modo, la storia sembra aver dimostrato che, mentre il luogo comune può essere compreso come una riduzione dell'eccezionale, l'eccezionale non può, invece, essere compreso dilatando il luogo comune. Sia logicamente sia causalmente, l'elemento decisivo è l'eccezionale, perché esso introduce (per quanto strano possa sembrare) la categoria più ampia".
In effetti, ciò che si è spesso verificato è proprio la riduzione del Simposio alla dimensione del "normale". Tanto più per il fatto che, di primo acchito, sembra essere uno scritto facile da comprendere, in quanto composto da Fiatone in maniera accattivante; ma, come Taylor giustamente rilevava, "forse proprio per questo è stato il più frainteso dei suoi scritti". Inoltre, si è da tempo aperta una spaccatura all'interno delle ricerche platoniche, con una divaricazione fra "comprensione filosofica" e "ricerche filologiche", con la preminenza di queste ultime, e quindi con inevitabili riduzioni della dimensione del Simposio a indagini di carattere ristretto. Questo ha portato alla costruzione di immagini di Platone povere di filosofìa. Le indagini si sono spesso concentrate sulla biografia, sulla cronologia, sul testo, sulla lingua e sulla forma letteraria degli scritti platonici. G. Krùger ha scritto: "dal momento che Platone in effetti è molto più che un semplice "filosofo" (nel senso moderno del termine), è emersa la possibilità di penetrare nella sua opera in maniera "non filosofica"".
Certamente non è possibile affrontare Plafone senza adeguati strumenti "filologici" e senza entrare nella situazione storico-culturale in cui egli si colloca; ma la dimensione teoretica risulta in lui preminente; e alla dimensione "filosofica" va aggiunta anche quella "estetica". Ma accade spesso che, in non pochi studiosi, l'una o l'altra di queste componenti rimanga assente. Ebbene, proprio l'interpretazione del Simposio presuppone come "condizione necessaria" una indagine condotta in funzione di tutte e tre queste componenti, in giusto equilibrio. Infatti, forse in nessun altro dialogo Platone ha saputo mediare la sua arte poetica e il suo pensiero fìlosofico in modo così perfetto: ha fuso l'arte "tragica" con quella "comica" per esprimere, mediante un costruttivo e fecondo confronto con le componenti culturali emergenti della sua epoca, un meraviglioso messaggio sull'"Eros fìlosofico".
Ma qual è il preciso messaggio che Fiatone si è proposto di comunicare con il Simposio?
Una risposta al problema ci è stata fornita da lui stesso, in una maniera del tutto particolare. E per comprenderla, conviene fare in via preliminare alcune precisazioni.