"Non casta, non pia talvolta, sebbene devota e superstiziosa, apparirà la materia e la forma: ma il popolo è questo; e questo io ricopio" avverte Belli nell'Introduzione ai suoi Sonetti. E non si tratta di un eccesso di cautela: nei testi qui riuniti l'oltraggiosa, icastica violenza del romanesco belliano esplode, ad esempio, sino a ribattezzare con decine di sinonimi la "madre de le Sante", che non è affatto, come nell'inno manzoniano, la santa Chiesa, ma l'organo sessuale femminile. E di questi triviali, e insieme lietamente giocosi, sinonimi - quelli che affiorano alle labbra di "nnoantri fijjacci de miggnotta" - l'ultimo è, sarà un caso?, "ssepportura". Nel "Commedione" il motivo erotico, dell'impulso passionale, della gioia vitale, è infatti strettamente connesso a quello della cupa malinconia, della consapevolezza dell'effimero, sicché radunare e leggere insieme i versi amorosi e lugubri, sensuali e pensosi significa addestrarsi a una diversa percezione dell'intero corpus, rendersi conto, come nota Gibellini, che "sotto la tinta brillante dell'erotismo scanzonato o l'oscenità sguaiata sta il fondo scuro della meditazione, così come sul drappo buio della morte appressante, et ultra, ancora giunge, per memoria del passato o immaginazione dell'eterno futuro, il cono di luce della mondanità". Eros e Thanatos, Carnevale e Quaresima, sesso e fede convivono, dunque, sono facce della stessa abbagliante medaglia: come nel sorprendente "La bbella Ggiuditta"