Presentazione di Mons. Gianni Zappa
è un grande motivo di gioia scoprire che nella Chiesa ambrosiana, distribuiti nelle diverse comunità parrocchiali, si incontrano quasi 700 gruppi familiari.
Essi sono una presenza viva, tanto più significativa in quanto sono aggregazioni nate dal basso, dal desiderio, o meglio, dalla consapevolezza della necessità di incontrarsi, di relazionarsi, per alimentare il proprio cammino vocazionale familiare attraverso la preghiera, la meditazione della Parola di Dio, il dialogo e il confronto. E per molti l’esperienza della partecipazione a un gruppo familiare è stata anche occasione per creare solidi e intensi rapporti di amicizia che danno serenità, inducono ad aprire la propria casa all’accoglienza, stimolano a costruire nella propria città o paese relazioni più calde e solidali.
Penso sia molto difficile dare una precisa definizione di gruppo familiare. In realtà ogni gruppo si costruisce una propria fisionomia e, nei fatti, la mantiene sempre aperta, non la irrigidisce, perché tale fisionomia ha il volto concreto delle persone che costituiscono il gruppo e delle loro storie. Proprio in questo fatto va colto uno degli aspetti più significativi di un gruppo familiare. è anche uno degli aspetti più arricchenti per una comunità che in sé riconosce la presenza di un simile gruppo. L’essere aperto e il modellarsi sulle persone infatti garantisce che l’atteggiamento di fondo sia anzitutto quello dell’ascolto reciproco, il rispetto dei tempi di ciascuno, la cura degli stessi argomenti trattati in relazione alle effettive esigenze. Ciò esprime la tensione per una spiritualità “incarnata” che non sta “accanto” o “di fronte” alla vita reale e quotidiana, al contrario sta in essa animandola. Appunto: Famiglia diventa anima del mondo.
Di questa spiritualità si possono riconoscere le coordinate di fondo, come la trama di un tessuto sul quale si ricamano poi i motivi caratteristici di ogni gruppo: la consapevolezza che nella famiglia l’amore va sempre alimentato, bevendo alla fonte della parola di Dio, accogliendo le domande di cura e di condivisione poste da chi sta accanto, un’accoglienza che esprime l’indirizzo fecondo dell’amore della famiglia; la necessità di un continuo cammino di discernimento che, ben al di là del farsi semplicemente un’opinione su quanto accade, è l’aiutarsi reciprocamente in un percorso interiore fino alla scoperta di quella parola di speranza e di vita che può essere posta con verità anche oggi, in questo mondo, in questo territorio, in questa comunità.
è operando su questa trama che si evidenzia con chiarezza anche il grande e concretissimo potenziale di testimonianza dei gruppi familiari. Si tratta infatti di una testimonianza che nasce dalla vita e dalla condivisione della quotidianità, quindi non astratta, e proprio per questo più credibile. è una testimonianza che non nasconde la fatica del cammino, le tensioni del tempo che si vive, le prove della fedeltà alla vocazione della famiglia, semmai le evidenzia, le accoglie, e le affronta con la consapevolezza di non essere soli ma di poter contare sugli altri e soprattutto sull’amore di Dio che non fa mancare i segni della sua presenza.
è davvero essenziale che ogni gruppo familiare sia aperto e disponibile alla testimonianza. Significa infatti partecipare con vivo senso di corresponsabilità all’impegno missionario della Chiesa. E ciò dà spessore al gruppo, gli dà cioè una valenza comunitaria. Concretamente questo comporta evitare di lasciare la comunità all’esterno, al massimo come riferimento consequenziale di ciò che si pensa e si elabora al proprio interno. Si tratta piuttosto di sentire la comunità “dentro”, idealmente parte del gruppo, perché la comunità è il terreno concreto della nostra esperienza spirituale. è come se ci si debba rendere conto che quelle relazioni e l’alimento che si riceve nell’esperienza del gruppo nascono già da una relazione e da una esperienza che si vive in comunità, e a essa continuamente rimanda come luogo nel quale le stesse relazioni e l’alimento ricevuto nel gruppo prendono autentica consistenza. In una parola: l’esperienza del gruppo rimanda al proprio sentirsi corresponsabili della missione della comunità e viceversa.
è evidente che quando si parla di comunità non si intende una comunità ideale, quella dove si crede di stare bene, ma la comunità concreta, quella dove stanno anche le contraddizioni, le debolezze, le fragilità, quella dei problemi quotidiani. Il documento I gruppi familiari parrocchiali del 1997 dice: «I gruppi familiari nascono e vivono dentro la concreta comunità ecclesiale e in profonda comunione con essa. In quanto espressione essi stessi della comunità cristiana, i gruppi familiari trovano il loro alimento nell’ascolto della Parola e nell’Eucaristia. Di conseguenza, normalmente non possono non essere profondamente uniti con la più grande comunità dei fedeli, la cui più concreta, immediata e oggettiva espressione è la comunità parrocchiale» (n. 11). è già molto significativo, come rivela il presente testo, che la maggior parte dei gruppi familiari si qualifichi come “gruppi parrocchiali”, dove cioè la Parrocchia è punto di riferimento primario.
Il percorso pastorale con al centro la famiglia che l’Arcivescovo di Milano ha proposto alla sua Diocesi in una successione di tre tappe, riconosce e promuove come particolarmente significativa l’esperienza dei gruppi familiari. Una risorsa sulla quale poter contare per sostenere e contribuire a rinnovare lo slancio missionario delle comunità cristiane locali; per favorire un ripensamento della pastorale “a misura di famiglia”; per ricercare le vie per affermare in maniera più concreta e viva la soggettività sociale delle famiglie. Questo ultimo aspetto è oggi particolarmente urgente, anzi, necessario, e potrebbe alimentare una prospettiva importante di crescita e di sviluppo dei gruppi, in particolare nella direzione della creazione di «associazioni di solidarietà familiare [...] con lo specifico obiettivo di formare e consolidare ampie reti di solidarietà presenti in ambito parrocchiale o sul territorio» (cfr. Famiglia diventa anima del mondo n. 31).
Dietro ai numeri che il presente testo ci offre, non è difficile intravedere una realtà viva, in movimento, una realtà numerosa, agile, che può dare molto frutto. L’impegno è quello di guardare avanti, coraggiosamente, assumendo sempre di più il proprio ruolo di protagonisti nella Chiesa e nella società di oggi.
Il presente volume è stato fortemente voluto da don Silvano Caccia, indimenticato responsabile del Servizio per la Famiglia della Diocesi di Milano, ruolo che ha ricoperto per diversi anni. È merito di don Silvano l'avere portato al centro dell'attenzione pastorale l'esperienza dei gruppi familiari riconoscendo in essi un dono dello Spirito alla Chiesa. Con intelligenza e lucidità, con il suo stile coinvolgente, don Caccia ha convinto molti parroci della bontà di questa esperienza e ha saputo sostenere, rendendosi spesso presente, gruppi in difficoltà. Per questo gli siamo molto riconoscenti. Don Silvano Caccia è tornato alla casa del Padre il 19 marzo 2009.