Centouno interviste distribuite nell'arco di quattro decenni: il più imponente corpus disponibile di autocommenti calviniani. L'effetto è quello di un grande cantiere autobiografico: un'autobiografia in progress, mobile e sfaccettata, costruita per successive espansioni: un'auto-presentazione simile a un prisma rotante che prende forma davanti ai nostri occhi, senza mai consentire una visione completa e stabilizzata. Proprio così, forse, Calvino avrebbe desiderato apparire: coerente ma non inerte, dinamico senza essere dispersivo, e intento a un'assidua costruzione di sé, nella quale può riuscire volta a volta ostinato o volubile, tenace o extravagante, ma mai immobile, mai appagato o equivoco. Pur nella brevità del respiro consentito dalla forma intervista, queste pagine offrono una messe di osservazioni straordinariamente ricca. Sull'opera calviniana, in primo luogo, sugli indirizzi di fondo come sulle singole opere; ma non solo. Si vedano ad esempio le sparse riflessioni sul genere romanzesco, in termini ora definitori, ora funzionali; o la impietosa diagnosi che identifica il "vizio d'origine" della letteratura italiana: "Una letteratura cresciuta nell'aiolà del gusto e della sensibilità anziché nell'orto delle idee"; o le numerose osservazioni sul modo di leggere e sul ruolo dei lettori. Introduzione di Mario Barenghi.