A poche opere di filosofia è toccato il singolare destino di venire concepite al fronte durante la prima guerra mondiale. Forse soltanto i Quaderni su cui L. Wittgenstein trascriveva, a pagine alterne, impressioni privatissime e le osservazioni sulla logica che sarebbero poi divenute il Tractatus logico-philosophicus costituiscono un corrispettivo perfetto delle cartoline postali da campo, spedite sistematicamente a casa da Franz Rosenzweig, su cui presero forma in prima intuizione la struttura e il contenuto della Stella della redenzione. Non a caso entrambe queste opere presentano una nuova prospettiva che rompe radicalmente con assetti, concezioni e acquisizioni sedimentati e ritenuti intangibili nelle rispettive discipline. E non sfugge agli autori l’audacia del loro gesto teorico: Rosenzweig sa di avere lanciato con il suo libro «il guanto di sfida all’intera venerabile comunità dei filosofi dalla Ionia fino a Jena».
Con La stella della redenzione Rosenzweig è inoltre consapevole di avere scritto l’opera della sua vita, non solo perché questo lavoro costituisce il rendiconto, e la fondazione, della sua posizione intellettuale personale, ma anche perché esso inaugura un’ardita, innovativa proposta teoretica con cui si ripromette di influenzare l’intero corso della riflessione occidentale. In questo libro l’autore dà corpo all’ambiziosa speranza di portare il pensiero a una nuova condizione, facendogli prendere atto della fine della filosofia nata nella Grecia classica, connotata da processi di astrazione, staticità, essenzialismo, e avviandolo a una nuova modalità della teoresi, fiduciosa e confidente nel linguaggio, nella temporalità, nella narrazione. Condividendo le posizioni dell’ultimo Schelling, Rosenzweig si ripromette di sanare qui quella fondamentale separazione tra filosofia e teologia che condiziona da millenni il percorso intellettuale dell’Occidente e di mostrare come le due discipline possano non solo dialogare e prestarsi a vicenda inestimabili servigi, ma pure trovarsi unite in uno stesso pensatore ‘in unione personale’. Tuttavia non è questa la sola innovazione clamorosa del ‘nuovo pensiero’ qui proposto. Nella Stella della redenzione assume ruolo centrale anche una riformulazione di cristianesimo ed ebraismo, ricondotti alle loro fondamentali prospettive comuni e reinterpretati, pur nella innegabile diversità e divaricazione delle rispettive missioni, come ‘lavoratori intenti a una stessa opera’ al cospetto del medesimo Dio. Una prospettiva di durevole pax theologica tra le componenti della tradizione giudeo-cristiana per cui i tempi paiono, da molti segni, finalmente maturi.
Franz Rosenzweig (1886-1929) è uno dei massimi filosofi del Novecento. Il suo pensiero, che attinge alla tradizione ebraica, si svolge in profondo ascolto del cristianesimo e della filosofia del primo Novecento. Di Rosenzweig sono state tradotte in italiano: Hegel e lo Stato (Bologna 1976); Il nuovo pensiero (Venezia 1983); Dell’intelletto comune sano e malato (Trento 1987); La scrittura. Saggi dal 1914 al 1929 (Roma 1991); La radice che porta (Genova 1992); Ebraismo, Bildung e filosofia della vita (Firenze 2000); Il filosofo è tornato a casa (Reggio Emilia 2003).