Svenimenti è un’indagine sulla perdita dei sensi, sull’universo delle mancanze. Svenire alla vista di un ago, svenire per una posizione eretta tenuta troppo a lungo, svenire a causa di un film impressionante. Ma anche essere costretti a venir meno. E cosa succede quando ci si ritira, naturalmente o non, in uno stato d’incoscienza?
Qual è la condizione dell’uomo nel sonno? E quella sperimentata durante un’anestesia, o dopo essersi iniettato cocaina in vena?
Ci sono risposte scientifiche a questi quesiti e ci sono letture degli stessi quesiti e delle relative risposte che nascono dalla riflessione e dalla vena narrativa di uno scrittore. Come succede nei tredici racconti di Albinati, a tratti saggistici, a tratti poetici, sempre affabulatori. Dalle sedute di rebirthing (oggetto di più racconti), in cui lo stato d’incoscienza del paziente si trasforma in generatore d’immagini così vive da far dubitare dell’incoscienza stessa, agli appunti freudiani sui casi di svenimento in quattro donne afflitte da isteria; dall’anestesia come bardo (stato intermedio, secondo un trattato buddista, prima che l’anima trovi la sua strada), alle situazioni in cui si parla di simulazione dello svenimento e fino alle lacrime faticose e liberatorie, indotte dagli accordi ipnotizzanti di una canzone: tutto è per l’autore materia narrativa.
Una fragilità originaria è presente nel corpo, nella carne di una persona, che proprio in quella mancanza, in quella perdita scopre una fonte di rivelazione e di sconosciuta energia. Albinati scandaglia coscienza e incoscienza, le interroga, ne evidenzia confini, misteri e contraddizioni, illumina il più possibile le zone oscure che esistono nel silenzio della fissità e del venir meno.
Il ritmo della scrittura è modulato su una bassa frequenza che, eccetto brevi passaggi, accompagna il lettore in una lettura fluida, armonica, consonante pur nella alternanza dei registri; la lingua puntuale e virtuosa connota i diversi brani e li accomuna in un percorso narrativo originale, che partendo dai particolari, dalle esperienze personali, dai racconti degli amici o da libri e film, attraversa la vita, il sogno, il cinema e la letteratura.
Mi interessano le condizioni di parziale visibilità e ascolto. Lo svenimento a prima vista è una perdita, una riduzione delle proprie facoltà, una mutilazione psichica… eppure, il desiderio parte sempre da una mancanza, o sviamento. Da una dispersione che impedisce l’approccio
pieno, padronale, il comando delle operazioni. Edoardo Albinati
“Sullo svenimento aleggia sempre il sospetto della simulazione. Non è semplice verificare se una persona ha realmente perso i sensi o stia fingendo: in che misura i suoi sintomi siano obiettivi: del resto, le ragioni che causano un collasso sono le stesse che istigano a fingerlo. Premesse e risultato sono validi nell'uno e nell'altro caso. La persona priva di sensi attira l'attenzione su di sè, o si cancella dalla scena, si cava d'impaccio, sottraendosi alle richieste e alle situazioni sgradevoli, ispira affetto, pietà, intenerimento, attrazione fisica, esige e ottiene aiuto".
EDOARDO ALBINATI è nato a Roma nel 1956. Ha pubblicato una raccolta di racconti, Arabeschi della vita morale (Longanesi 1988), e diversi libri di narrativa e di poesia, Il polacco lavatore di vetri (Longanesi 1989, nuova edizione Oscar Mondadori 1998), da cui è stato tratto il film omonimo di Peter Del Monte, Orti di guerra (Fazi 1997), Elegie e proverbi (Mondadori 1989), La comunione dei beni (Giunti 1995), Maggio Selvaggio (Mondadori 1999), 19 (Mondadori 2000), Sintassi italiana (Guanda 2001), Il ritorno. Diario di una missione in Afghanistan (Mondadori 2002). Con Svenimenti (Einaudi 2004), ha vinto il Premio Viareggio. Con Fandango Libri ha pubblicato Tuttalpiù muoio (2006) insieme a Filippo Timi, Orti di guerra (2007) e Guerra alla Tristezza! (2009).