Le parole racchiudono memoria e fantasia. Portano il segno del passato, sono intinte nella storia, nei suoi grandi avvenimenti, ma anche nei piccoli, nella piccola storia e la sua casualità. Il loro significato si lega spesso a usanze perdute, ad abitudini da tempo dismesse, a racconti e leggende. Perché chiamiamo Oscar la statuetta d'oro e croissant il cornetto a forma di mezzaluna? E dove hanno avuto origine espressioni come: "Cavarsela per il rotto della cuffia" o "Allevare una serpe in seno" o "Fare la gatta morta"? Perché il luogo dove abitiamo porta quel nome, e qual è l'origine dei nostri cognomi? In essi c'è sempre traccia evidente e duratura del passato. Anche i nomi di inventori, viaggiatori, scienziati, legati alle loro scoperte, sopravvivono come termini d'uso comune: mansarda, biro, bignami, magnolia, ecc. La lingua nomina quel che siamo, giudica il diverso, lo straniero, genera un cumulo di "parole contro", testimonia distacchi culturali e differenti punti di vista. Ogni scelta linguistica, ogni parola-chiave che in determinati momenti storici è diventata una sorta di parola-bandiera, si fa strumento per sistemare il mondo circostante. La lingua testimonia cosi le stratificazioni del tempo, protrae nel presente immagini e pareri condivisi e sedimentati nei modelli sociali e culturali del passato.