Il vaccino
«Io, come reagisco alle situazioni che non vanno?», ha chiesto, a un certo punto della sua visita in Iraq, papa Francesco: «Di fronte alle avversità ci sono sempre due tentazioni». La fuga o la rabbia, diceva. Che non cambiano nulla. «Gesù, invece, cambiò la storia. Come?
Con la forza umile dell’amore, con la sua testimonianza paziente. Così siamo chiamati a fare noi. Così Dio realizza le sue promesse». Di una promessa che non è mai delusa – che si avvera per strade sommesse, inimmaginabili, attraverso la nostra debolezza – ha parlato Francesco davanti a quei testimoni per cui ha compiuto il suo viaggio, «testimoni spesso trascurati dalle cronache, ma preziosi agli occhi di Dio». Lui li ha guardati, ammirati, rimessi di fronte al mondo.
Per questo abbiamo voluto dare spazio alla sua visita nella terra di Abramo, alle parole e ai gesti di quei pochi intensi giorni tra Baghdad, Erbil, Mosul, Qaraqosh. Dove la violenza ha travolto tutto, il Papa ha indicato una realtà presente: esistenze in cui il male e la morte non sono l’ultima parola, perché Cristo è risorto. La vittoria della familiarità con Dio fonda la vita di uomini e donne, si rende concreta nel perdono, in storie precise, volti: è il popolo cristiano, una presenza umana che sembra sconfitta dalla storia. Eppure loro, perseguitati, sono stati spogliati di tutto senza perdere niente, perché hanno il tesoro che vale più della vita: l’essere intessuti di un rapporto, dell’appartenenza a Cristo.
Fermarsi davanti a loro e guardare, come ha fatto Francesco, può essere un contributo alla situazione in cui ci troviamo tutti. «Ci sono momenti in cui la fede può vacillare, quando sembra che Dio non veda e non agisca», ha detto: «Questo per voi era vero nei giorni più bui della guerra. È vero anche in questi giorni di crisi sanitaria globale e di grande insicurezza». Ma non è un problema di resilienza. È che quando la vita urge si rende più chiaro che cosa è all’altezza: trovare «persone che, vivendo in mezzo a noi, riflettono la presenza di Dio». Chi al posto di fuggire, tocca la realtà, la vive, senza essere in balìa delle circostanze, della sofferenza, l’ingiustizia, il blackout a Macapá o l’uragano in Honduras, le restrizioni quotidiane a ogni latitudine. Lo vedrete nei racconti che arrivano da varie parti del mondo, da comunità del movimento, magari di una sola persona, ma in cui dall’incontro con Cristo rinasce l’io, nasce un sentimento nuovo della vita che rende protagonisti.
«Sappiamo quanto sia facile essere contagiati dal virus dello scoraggiamento che sembra diffondersi intorno a noi», si legge nel discorso a Baghdad: «Eppure il Signore ci ha dato un vaccino efficace. È la speranza». La certezza di non essere più soli. «Non dimentichiamo mai che Cristo è annunciato soprattutto dalla testimonianza di vite trasformate dalla gioia del Vangelo. Una fede viva in Gesù è “contagiosa”, può cambiare il mondo».