Quando leggerete questo Tracce, il Sinodo sui giovani sarà già in corso. È un’occasione storica, perché si discute di un argomento decisivo, per la Chiesa e per il mondo. I giovani non sono soltanto “il futuro”: sono il presente. E la difficoltà a scegliere, a trovare una strada perché la promessa della vita si compia (il Sinodo è su “la fede e il discernimento vocazionale”), non riguarda solo loro. Siamo tutti in cerca di bussole, tutti ingarbugliati da una confusione in cui è difficile orientarsi, camminare, crescere. Ed è una confusione che rende tutti più fragili, impauriti. Di quella paura che tante volte finisce per raddoppiarsi persino nei luoghi deputati ad educare, perché l’insicurezza che si trasmette ai figli o agli alunni è quella che ci portiamo dentro. La scuola, l’università, ma anche l’oratorio, la realtà ecclesiale a cui si appartiene... la stessa Chiesa, possono diventare – spesso, diventano – bolle in cui isolarsi attendendo che “passi la tempesta”, anziché luoghi che rendono il nostro “io” più saldo. Ci sono libri, anche molto letti e di cui si discute parecchio, che in qualche modo teorizzano proprio questo isolamento dei cristiani. Ma tanti atteggiamenti vissuti lo rendono carne senza quasi che ce ne accorgiamo.
Che cosa fa uscire dalla bolla? Cosa serve per generare un soggetto adulto?
E che differenza c’è tra luoghi generativi, appunto, e ripari? È per questo che nel Primo Piano torniamo su un tema decisivo: l’educazione. È il contributo che vogliamo dare non solo al Sinodo, ma all’oggi. Tanto più in un momento in cui l’idea stessa di un rapporto educativo, per tanti motivi, è guardata addirittura con sospetto.
Lo facciamo approfondendo il contesto generale, che paradossalmente finisce per soffocare proprio il punto focale su cui si può fare leva per educare, ovvero la libertà. E mostrando luoghi dove accade altro, testimoni che si sobbarcano la sfida educativa puntando proprio su quel punto apparentemente così fragile, eppure decisivo.
Luoghi e testimoni. Li trovate anche nella seconda parte del giornale, dove raccontiamo realtà come il Centro educativo “João Paulo II” di Salvador de Bahia, Brasile, che accoglie ogni giorno cinquecento bambini e ragazzi delle favelas. O una personalità come Paolo VI, che diventerà santo proprio in questi giorni, per aver speso la vita intera – e il suo Pontificato – nel tentativo di trovare nuove strade per comunicare la fede a un mondo che dava Cristo già per «ignoto, dimenticato, assente» dai grandi scenari della storia. Oppure, ancora, un osservatore acuto della società odierna come Eugenio Borgna, capace di indicare l’aspetto più profondo della nostra fragilità: la possibilità che sia una risorsa, un punto di forza. Qualcosa di cui non avere paura.