"Con il Porta comincia, nella poesia italiana, quella linea lombarda, potentemente realistico-narrativa e, per così dire, antipetrarchesca, che si ritrova anche all'interno della poesia del Novecento e che è l'unica della quale io aspiri a far parte, nonostante i molti debiti che so di avere nei confronti di altri poeti, da Baudelaire (che considero il più grande poeta moderno) a Pound (che considero il più grande inventore di possibilità poetiche del nostro secolo), - e poi, per venire a nomi più vicini o addirittura vicinissimi, quasi fraterni, a Rebora, a Montale, a Saba, a Sereni. (...) Parlando dei temi portanti del mio lavoro di poeta, ho finora ricordato l'importanza e il fascino per me del racconto evangelico, ho ricordato le storie familiari, ho ricordato il rapporto con gli scomparsi persone care, amici -, ho ricordato l'irruzione a un certo punto del tema amoroso. Non ho parlato di quello che molti ritengono abbastanza importante nella mia esperienza poetica, cioè il cosiddetto tema civile. Alcuni critici l'hanno messo addirittura al primo posto fra i temi della mia poesia. Di solito, quando mi chiedono cosa penso di questo aspetto del mio lavoro, dico che, sì, le poesie civili sono forse le più private che io abbia mai scritto, nel senso che non ho mai voluto essere un poeta civile. Non lo dico per polemica, ma insomma c'è stato più d'un poeta, per esempio Pasolini, che ha voluto essere poeta civile..." (da Giovanni Raboni, 'Autoritratto' 1977, 2003)