Dall’autunno del 2007 «L’Osservatore Romano» ha intrapreso un rinnovamento radicale, divenendo una presenza più netta e interessante nel panorama giornalistico e culturale, italiano e non solo. Soprattutto, seguendo il desiderio del suo editore, il Papa, ha ampliato il suo respiro con una larga apertura alle questioni internazionali, che segue con logiche diverse da quelle degli altri media, spesso grazie a fonti privilegiate o addirittura uniche.
Nel centocinquantesimo anniversario del giornale (che uscì per la prima volta con la data del 1° luglio 1861), si raccolgono qui, in ordine cronologico e con le titolazioni originali, cento editoriali pubblicati in questi ultimi quattro anni, scelti sia perché costituiscono uno specchio del giornale nel commentare l’attività della Santa Sede e del Papa, sia perché rivelano un nuovo modo di affrontare i problemi che la Chiesa ha incontrato, dalla discussione sul fine-vita al rapporto tra scienza e interessi economici, dall’irruzione di Internet nella vita quotidiana fino allo scandalo della pedofilia.
La complessità e la ricchezza con cui la Chiesa cattolica vive la sua presenza culturale nel mondo risaltano anche nelle firme degli editoriali, tra cui compaiono molti non cattolici – cristiani di altre confessioni, esponenti dell’ebraismo e dell’islam, intellettuali laici – a testimonianza di un confronto chiaro e pacato con le questioni della contemporaneità e secondo una linea di fedeltà alla tradizione cattolica, senza rinunciare alla vivacità di un dibattito culturale aperto.
«Poco dopo il centenario del quotidiano, fu Montini – nel 1963 divenuto Papa con il nome di Paolo VI – ad avviarne un primo rinnovamento, in qualche modo invocato da un celebre romanzo d’ambiente vaticano di Morris West. Proprio in quell’anno apparve infatti The Shoes of the Fisherman (in italiano Nei panni di Pietro), che un quindicennio prima dell’inizio del pontificato di Giovanni Paolo II racconta la storia dell’elezione di un Papa slavo, Kiril I: “Appena possibile bisogna che io mi occupi dell’Osservatore: se la mia voce dev’essere udita nel mondo, è bene che gli giunga nei suoi toni autentici”, scrive in un memoriale il nuovo pontefice, appena liberato dalla prigionia sovietica ed evidentemente non tanto soddisfatto del suo quotidiano, sul quale dimostra però di avere idee piuttosto chiare. E se sul giornale il romanzo non aggiunge altro, nel mezzo secolo trascorso da quella efficace annotazione “L’Osservatore Romano”, che resta difficilissimo e singolarissimo, si è forse avvicinato al desiderio di quel Papa, immaginario ma non troppo».
(dall’Introduzione di Giovanni Maria Vian)