Non ci sono aggettivi adeguati per definire questo libro, se non rischiando di scadere in una retorica sensazionalistica. Per come è architettato, costruito e composto, è un testo atipico e unico nel suo genere. Si presenta come una ricerca socio-antropologica di matrice junghiana sulla violenza e l'aggressività del genere umano, ma si appoggia su una documentazione talmente poderosa ed erudita da trascendere qualunque vincolo disciplinare. Scienza pura, potremmo dire, questo libro parla delle profondità, degli abissi che forgiano non soltanto il comportamento, ma anche il corpo stesso degli uomini e delle donne di oggi. Corpo viziato e vizioso, suppliziato e martoriato, spogliato e mascherato, dai rituali espiatori dell'antichità ai fatti di cronaca nera. L'uomo lupo è il serial killer, il sadico, il violento, ma è anche l'esito di una fatale Caduta della specie umana. La Caduta di cui parla Eisler è la stessa raccontata nella Genesi e in moltissimi altri miti delle origini, ma riguarda non tanto un peccato o una trasgressione, quanto una vera e propria mutazione genetica: il corpo, l'anatomia, il pelo, la dentatura, e poi le usanze, gli abiti, le culture, i linguaggi, le norme e le leggi, tutto è riconducibile alla fine di uno stato di "innocenza" e all'assunzione di una condotta predatoria: dai "lupi" di Wodan, spaventosi bracconieri delle lande germaniche medievali, ai giovani che Hitler voleva "spietati e insensibili"; dalle orge dionisiache agli orchi che riempiono le pagine dei quotidiani.