Una delle caratteristiche del ciclo di Martin Beck, con cui gli scandinavi Maj Sjöwall e Per Wahlöö hanno iniziato il poliziesco procedurale, è che gli attori di questa commedia umana in chiave criminale invecchiano in tempo reale. Per esempio, in questo romanzo, la figlia del commissario, che abbiamo conosciuto bambina alcuni romanzi prima, adesso, è una giovane capace di dare influenti consigli al padre. È questo uno degli effetti con cui gli autori intendevano conferire più oggettività alla loro creazione, per uno scopo dichiarato: «Molte persone forse credono che i nostri libri siano dei cosiddetti gialli. Quello a cui in realtà stiamo lavorando è una seria indagine sociologica sulle relazioni dei poliziotti verso i loro compagni di società. E lo facciamo insieme perché la materia è tanto vasta e perché non possiamo produrre uno studio corretto se non lo affrontiamo da diversi punti di vista. In questo caso quello dell’uomo e della donna». Eppure a leggere oggi questi «romanzi su un crimine» (così il sottotitolo ricorrente), un senso di pessimismo domina sulla sociologia, un profondo scetticismo sulle ragioni del cosiddetto «ordine pubblico». Sjöwall e Wahlöö danno corpo narrativo a una generale riflessione sulla funzione della violenza sociale, sui cambiamenti che essa induce in chi vi è esposto, come poliziotto, come criminale o come vittima; una riflessione capace di insistere, oltre che sulle circostanze sociali, sui sottili meccanismi psicologici. Ed è questo che ha fatto del ciclo di Martin Beck un riferimento classico dell’attuale romanzo criminale, riconosciuto da tutti. L’uomo sul tetto è l’inchiesta sull’omicidio, avvenuto tramite un colpo di baionetta mentre era ricoverato in ospedale, di un alto papavero della polizia, uomo crudele e violento, le cui malefatte si vanno scoprendo più efferate ed intricate del previsto; si conclude con una vendetta di sangue, piena di caos e simbolismo, contro il corpo di polizia: una vetta di realismo, di suspense e di pietà insieme, da parte di chi sapeva bene come le città capitalistiche di cui parlavano siano dei perfetti teatri naturali per il crimine.
Maj Sjöwall (1935) e Per Wahlöö (1926-1975), compagni nella vita, hanno scritto la serie dei dieci romanzi di Martin Beck: tradotta in una trentina di lingue e soggetto di film e telefilm. Una collaborazione con un fine anche politico: la denuncia della società neocapitalistica svedese. Questa casa editrice ha già pubblicato Roseanna, L’uomo che andò in fumo e L’uomo al balcone (ora raccolti anche nel volume I primi casi di Martin Beck della collana «Galleria»), Un assassino di troppo, Il poliziotto che ride, L’autopompa fantasma e Omicidio al Savoy.