Cosa significa educare? Il difficile momento di trasformazione sociale e culturale che stiamo attraversando sembra impedire a genitori e insegnanti di rispondere a questa domanda. Si tratta tuttavia di una questione decisiva per provare a comprendere i tanti cambiamenti in corso. Partendo dalla testimonianza delle scuole Penny Wirton per l'insegnamento gratuito della lingua italiana agli immigrati, Eraldo Affinati racconta la storia di una nuova esperienza didattica dove ci si guarda negli occhi, sedendo allo stesso tavolo, senza classi e senza voti, in una relazione d'amicizia e simpatia. Nel suo diario personale e pubblico, in cui s'intrecciano la dimensione pedagogica e letteraria, troveremo una riflessione su temi cruciali: la responsabilità di chi viene chiamato a formare i ragazzi, i viaggi della speranza mischiati a quelli della morte, i fantasmi della Shoah, la natura equivoca della nuova libertà digitale, gli adulti fragili, il rischio delle parole gratuite e delegittimate, la potenza del vero volontariato, il nodo spinoso del giudizio e della valutazione, il possibile inganno della risposta esatta e il valore paradossale di quella sbagliata. Insegnare, scrivere e parlare chiamano in causa il nostro modo di stare insieme e ci spingono a ripensare un'idea dell'Europa. Guidato dai maestri che hanno segnato il suo percorso umano e culturale, da Lev Tolstoj a Dietrich Bonhoeffer, da Michel de Certaud a don Lorenzo Milani, da Silvio D'Arzo a Mario Rigoni Stern, lo scrittore ci consegna, nello stile lirico e speculativo a lui più congeniale, il referto implacabile della crisi etica che stiamo vivendo. Ma in questo libro formula anche un'importante scommessa sul futuro, non teorica bensì militante, invitandoci a puntare tutto sulla capacità di rinascita degli adolescenti italiani che insegnano la nostra lingua ai loro coetanei provenienti da ogni parte del mondo.