La retorica fascista aveva sempre esaltato il ruolo dei giovani: «Una nazione che ha tutta vent'anni», come Margherita Sarfatti aveva definito l'Italia. Dopo la caduta del fascismo i giovani parvero disorientati, e andarono alla ricerca di un approdo sicuro, che solo in parte poteva essere offerto dal pensiero crociano e liberale. Il giovanissimo Antonio La Penna volle riflettere sulla questione centrale di quegli anni, il ripudio dell'ideologia fascista operato da molti intellettuali, suggerendo una via da seguire a quella generazione «sventurata» alla quale anch'egli apparteneva. Il saggio di Antonio La Penna che qui si ripropone, apparso in due puntate nel 1946-1947 sulla rivista «Società», ci rivela uno studioso già maturo e colto, alieno da furori ideologici e capace di ripercorrere in modo pacato, ad onta della giovane età, la biografia intellettuale di una generazione. In quelle pagine non troviamo facili ricette; e il marxismo, per il quale egli sente una serena e meditata attrazione, non ha nulla di scolastico e di dogmatico. Arnaldo Marcone presenta il saggio di La Penna, inserendolo nel più ampio tema della questione giovanile e della cultura nell'Italia uscita dal ventennio fascista e proponendo altri testi sull'argomento (Antonio Gramsci, Concetto Marchesi, Carlo Morandi e Luigi Russo). Completa il volume l'attenta rilettura che Marcone offre di un testo significativo di quel momento storico: L'Orologio di Carlo Levi. Con scritti di Antonio Gramsci, Concetto Marchesi, Carlo Morandi, Luigi Russo e una discussione dell'Orologio di Carlo Levi.