La diffusione nell'esperienza giuridica italiana di numerose ipotesi di separazione patrimoniale ha imposto negli ultimi anni una profonda revisione di molte tradizionali concezioni e categorie acquisite. Di conseguenza, sono state messe in discussione in dottrina (e spesso profondamente riesaminate in giurisprudenza) consolidate interpretazioni della titolarità di beni, dell'opponibilità dei vincoli su di essi impressi dall'autonomia privata, delle relazioni tra gestori e beneficiari della loro amministrazione e della conseguente estensione della responsabilità dei diversi soggetti coinvolti. Tale esteso e significativo ripensamento ha riguardato assunti finora ritenuti fondamentali nel diritto civile italiano: dall'assolutezza del diritto di proprietà all'impossibilità per i privati di destinare i patrimoni a finalità meramente individuali, fino alla considerazione stessa della singolarità delle situazioni giuridiche soggettive in relazione ai beni, la quale si riteneva finora connaturata a un ordinamento che intendeva evitare la pluralità di interessi opponibili non incasellati nel numero chiuso dei diritti reali. Le nuove prospettive ermeneutiche non hanno però riguardato la fondazione fiduciaria, sebbene il giudizio (quasi) unanimemente negativo degli studiosi sulla figura fosse strettamente, anzi inscindibilmente connesso proprio ai presupposti teorici recentemente rimessi in discussione. Al contrario, i pochi cenni ad essa dedicati dalla dottrina italiana si incentrano esclusivamente sul primo dei due termini della nozione, dimenticando che la qualificazione fornita dall'aggettivo risulta tutt'altro che esornativa e fornisce, piuttosto, la specificazione strutturale dell'istituto: che è sì fondazione, in quanto patrimonio destinato a uno scopo, ma rimarrebbe puro significante ove non ricevesse colore e sostanza giuridica dall'avvenuto affidamento dei beni a un soggetto, la cui titolarità sul fondo così costituito viene definita, limitata e funzionalmente orientata dal necessario perseguimento del fine. Per affermare l'ammissibilità delle fondazioni fiduciarie, allora, si potrebbe essere tentati dall'individuare la soluzione nella mutata natura del diritto di proprietà, o magari nel superamento del principio del numero chiuso dei diritti reali; tuttavia, sebbene assai discutibili e in effetti discussi da decenni, tali passaggi non appaiono decisivi per affermare la possibilità di una destinazione allo scopo, che rimane questione piuttosto connessa alla separazione dei patrimoni e alle conseguenze che tale fenomeno produce sulla titolarità giuridica dei beni.