La rivolta tunisina che ambisce a trasformarsi in rivoluzione per una vera svolta democratica, ha colto tutti di sorpresa per la rapidità con la quale è riuscita a rovesciare uno dei regimi più autoritari grazie anche a nuove forme di lotta: la cyber rivoluzione.
Questa rivolta però non ha nulla di sorprendente se si vanno ad esaminare le condizioni socio-economiche del paese nella morsa della crisi economica globale e della pressione ormai insostenibile del regime corrotto di Ben Ali.
Non sorprende neppure l’effetto domino sugli altri paesi del Nord Africa fino all’Egitto, alla Libia e oltre, la cui situazione socio-politica ed economica è molto simile, aldilà delle diverse scelte a livello istituzionale e di sviluppo.
All’indomani dell’indipendenza dal colonialismo, la speranza di realizzare democrazia e progresso è stata nel tempo delusa da una deriva autoritaria che ha bloccato il processo democratico con il silenzio connivente dell’Europa. Inoltre, il fallimento dei vari modelli di sviluppo, culminato con gli effetti devastanti della crisi economica mondiale e della globalizzazione, ha aperto un baratro presto colmato dai movimenti islamici portatori di altri modelli sociali e identitari. Nemmeno le successive politiche del partenariato euro-mediterraneo, compresa l’ultima utopia dell’"unione per il mediterraneo", sono riuscite a far decollare un reale sviluppo regionale in vista di creare una zona di libero scambio improntata ai valori democratici, sociali e culturali. Con un’ottica neocolonialista, l’Europa ha sostenuto i regimi dittatoriali del Nord Africa, al fine di servirsene come barriera contro la minaccia del fondamentalismo islamico e il terrorismo, come agente di contenimento nei flussi immigratori, e come mercati di subappalti, servizi e scambi commerciali per le multinazionali della globalizzazione.
Di fronte all’infiammarsi del Mediterraneo, saprà la sponda Nord cogliere l’occasione per rimettere in causa l’ambigua "politica di vicinato" della fortezza Europa nei confronti dei suoi diretti dirimpettai in piena crisi, per rilanciare un nuovo partenariato economico, sociale, culturale e umano realmente solidale, capace di vedere oltre il business della globalizzazione d’impronta neocoloniale e oltre lo spauracchio del fondamentalismo islamico?