«La letteratura italiana è come vuota di diari, e questa è una mancanza di cui si risente. Un'eccezione è il Dossi, le cui Note azzurre sono, nel genere diaristico, quanto abbiamo di meglio, e nell'insieme sono ottime in assoluto: superiori, per me, ai suoi libri più elaborati, che hanno pregi eminenti, ma non dànno mai un suono pieno. In quest'opera spezzettata, invece, il suono pieno è raggiunto» (Guido Piovene).
«[Le Note azzurre,] a parte il valore grande che hanno per una più profonda conoscenza del singolare scrittore e diplomatico e del particolare periodo cui questi è legato, offrono per vivacità di stile e scintillio d'estri, e per il sottilissimo humour di pretto stampo lombardo che senti crepitare in ogni pagina, una lettura quant'altre mai attraente e delle più proficue» (Giorgio Caproni).
«Quel "bozzetto milanese" che ci siamo ficcati in testa per convenzione ... va in mille pezzi alla lettura del Dossi. Il diamante grezzo di una situazione quale appare attraverso una qualsiasi visione conformistica, opaco e senza luce, si frantuma sotto il colpo preciso dell'osservazione del Dossi in una in$nità di sfaccettature brillanti» (Emilio Tadini).
In occasione del centenario della morte di Dossi (16 novembre 1910), la magistrale edizione allestita nel 1964 da Dante Isella viene riproposta con l'aggiunta di un nucleo di note rimaste sinora relegate in un'edizione curata dallo stesso Isella per Ricciardi nel 1955 ma mai pubblicata, e di una Nota di Niccolò Reverdini che di quest'ultima ricostruisce l'intricata e affascinante vicenda.