Zygmunt Bauman è uno dei massimi interpreti del nostro tempo. Autore tra i più letti e citati, ha colto con singolare lucidità la transizione epocale in corso, elaborando persuasive categorie di pensiero per comprenderne il senso. Le sue analisi sulla frammentazione delle identità, sull’incertezza esistenziale, sulla precarietà e la solitudine delle nostre vite hanno oltrepassato i confini disciplinari della sociologia, diventando parte del patrimonio culturale diffuso. In questo volume Bauman introduce a una nuova fase del suo impegno intellettuale, mettendo a tema interrogativi fondamentali che riguardano la condizione umana stessa. Che cos’è dell’essere umano nel nostro contesto storico e quale sarà il suo destino? Domande urgenti dopo lo sfaldamento di quel mondo solido, forte, istituito, ordinato, che abbiamo conosciuto sotto il nome di modernità, e al quale, negli ultimi decenni, soprattutto in forza della globalizzazione, è subentrato un universo ‘liquido’, destrutturato, precario, privo di riferimenti stabili. La mutazione di scenario ha inciso profondamente sulle esistenze individuali: angoscia, fragilità, perdita di senso sono le cifre dei vissuti più comuni, non solo in Occidente. Il quadro tracciato da Bauman sulla nuova condizione umana appare tanto più inquietante se si considerano anche i risvolti materiali di questo processo: disuguaglianze e povertà crescenti, diritti umani calpestati, prepotente ritorno di violenza e guerre. È l’umanità di immense moltitudini a essere minacciata. Questa critica, risoluta perché lucida e moralmente ispirata, non indulge tuttavia alla nostalgia del passato né alla rassegnazione: ogni epoca ha le sue luci e le sue ombre. Si tratta di capire la storia in cui siamo immersi, per limitarne gli enormi rischi e svilupparne le potenzialità, in nome di una responsabilità verso l’umano a cui non ci si può sottrarre, e nella quale ultimamente si attua il profilo etico dell’intellettuale.
Zygmunt Bauman è uno dei più importanti sociologi al mondo; professore emerito di Sociologia nelle Università di Leeds e Varsavia. Tra i suoi volumi pubblicati in italiano: La società dell’incertezza (Bologna 1999); Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone (Roma-Bari 2000); La solitudine del cittadino globale (Milano 2002); La società individualizzata. Come cambia la nostra esperienza (Bologna 2002); Modernità liquida (Roma-Bari 2002); Il disagio della postmodernità (Milano 2002).
INDICE DEL VOLUME:
Zygmunt Bauman: un interprete del nostro tempo
di Mauro Magatti
I. La sociologia di fronte a una nuova condizione umana.
I. Intervista a Zygmunt Bauman
II. Effetti collaterali della globalizzazione
III. Il destino dell’umanità nel mondo post-trinitario
Nota bibliografica
dall’INTRODUZIONE di Mauro Magatti
Un uomo piantato nel XX secolo
Dobbiamo tutti molto a Zygmunt Bauman. I suoi scritti sono una delle voci più autorevoli degli anni ’90. Una voce chiara, comprensibile anche ai non addetti ai lavori, apparentemente semplice, ma capace di essere penetrante.
Con la sua passione ed il suo rigore, Bauman è capace di far rifiorire la passione per l’analisi sociale, di restituire rilievo e dignità al compito di analizzare il mutamento.
Ho conosciuto Bauman qualche anno fa a Roma, quando il suo successo era già molto grande. Sono stato colpito, oltre che dalla sua gentilezza, dal suo atteggiamento schivo e riservato, quasi reattivo nei confronti delle corti che, nel nostro tempo, tendono a crearsi attorno alla notorietà. Contrariamente alle mie aspettative, ho trovato anche un uomo incredibilmente disponibile quando si è trattato di lavorare e di interloquire, al di là delle apparenze. Devo dire che sono rimasto impressionato, non solo dalla generosa ed immediata disponibilità a realizzare la lunga intervista che qui pubblichiamo, ma anche dall’impegno dedicato a rispondere alle domande che gli venivano proposte. Col tempo ho potuto conoscere un uomo di straordinaria apertura, capace di ‘dimenticarsi’ di sé al solo scopo di avere la possibilità di svolgere il suo lavoro di intellettuale.
In questo, lo ammetto, Bauman è un uomo di un’altra epoca. L’ardore con cui si applica – ormai sulla soglia degli ottant’anni – non è facilmente riscontrabile tra gli scienziati sociali di oggi, spesso intrappolati da una sorta di distacco post-moderno, che li rende cinici e sarcastici. Bauman, invece, sta lì perché ritiene che sia compito dell’intellettuale svolgere quel lavoro, che è insostituibile.
Per questo – credo – continua ad essere curioso e disponibile, a considerare il suo sapere non un bene commerciale, ma qualcosa che va speso fino all’ultima goccia, perché niente – se possibile – vada perduto.
In effetti, Bauman è un uomo piantato nel XX secolo.
Come ebreo ha vissuto in prima ed in seconda persona – mediante l’esperienza del ghetto di Varsavia subita dalla moglie Janine – il dramma della persecuzione nazista. Come polacco ha vissuto con speranza l’avvento del socialismo, anche se col tempo ha dovuto fare i conti con le profonde contraddizioni di quel modello. Come emigrato nel Regno Unito ha fatto in tempo a conoscere le traversie del capitalismo degli ultimi decenni e soprattutto la svolta neoliberista impressa dai governi della signora Thatcher e di Reagan nel corso degli anni ’80 ed il successivo avvento della globalizzazione. Dall’alto di questa enorme esperienza di vita – plasmata nel cuore degli avvenimenti storici del XX secolo – Bauman è diventato uno degli interpreti più originali ed ascoltati del nostro tempo, capace di leggere in profondità il mutamento in atto…