Libro-catalogo il cui neologismo del titolo mette insieme, la tecnica della foto Polaroid con il termine portrait, (ritratto) in inglese che, associato al simbolo di copyright vuole enunciare immediatamente l'originalità dell'operazione. Come scrive Valerio Dehò critico e autore del testo, l'artista propone un'operazione di salvataggio dell'aura, utilizzando, non in modo canonico, la polaroid stessa e attraverso l'uso del silicone quella del ritratto d'artista come veicolo assoluto, unico, legato alla vocazione originaria della pittura. Osti in questi polaportraits riesce a dare fisicità al volto, il silicone perturba, inquieta, ferisce l'immagine, elude la serialità ingannandola proprio con l'ultima fotografia, con lo strumento di riproduzione che si nega per far sopravvivere l'arte e l'enigma dello sguardo. L'artista parte da un'immagine fotografica e vi aggiunge tutta la memoria dell'arte che va dalla tavola di legno, ricordo della pittura, fino al XVI secolo e di un'altra tecnica come la foglia d'oro che richiama storie bizantine o comunque le articolazioni del sacro, come rimanda il sottotitolo "Icone d'Occidente". Polaportrait si può dire che sia una cellula di sopravvivenza per tecniche fotografiche in estinzione, per un'idea di pittura legata ancora al mistero dello sguardo.