Sostenuto da una estesa esperienza di storico dell'antichità ma attento al presente, François Hartog in questa opera discute il rapporto delle società con la propria storia, il loro modo di viverla e rappresentarla, in sostanza il senso del loro essere nel tempo. Centrale nella sua riflessione è il concetto di "regime di storicità", alla cui elaborazione è pervenuto utilizzando suggerimenti di Lévi-Strauss, Sahlins, Koselleck, Lenclud, lungo un percorso che va da Hegel a Heidegger, dunque di almeno due secoli della cultura europea. Per regime di storicità si possono intendere in un'accezione ristretta "il modo come una società tratta il proprio passato e ne parla", in senso esteso invece "le modalità di coscienza di sé di una comunità umana". Utile per capire e comparare "tipi di storia diversi", la nozione di regime di storicità, secondo Hartog, è decisiva per capire i modi storici delle società di relazionarsi e esperire la temporalità, dunque "le loro maniere di essere nel tempo". Compito ineludibile quindi dello storico, pensa Hartog seguendo Lucien Febvre, è quello di "rispondere alle domande che si pone l'uomo d'oggi", non per cancellare il passato ma per "comprendere in cosa appunto differisce dal presente".