Il rapporto tra uno scrittore e suoi testi in un mirabile esempio di "saggistica narrativa"
Guardando alla ormai vasta e fortunata produzione di saggistica letteraria di Elio Gioanola, questo volume andrà a collocarsi come anta di un dittico dedicato ai due maggiori autori del primo Novecento, di cui la prima anta è Pirandello’s Story, pubblicato nel 2007. Il presupposto di questo dittico è la convinzione del rapporto organico tra uno scrittore e i suoi testi, perché vita e opere formano un inscindibile complesso significante. Questo libro ha come sottotitolo la frase dell’autore: «io non sono colui che visse, ma colui che descrissi», mentre il sottotitolo del libro pirandelliano era la frase: «la vita o si vive o si scrive». Sembrano espressioni a prima vista uguali, ma non è così: mentre Pirandello stabilisce un rapporto di esclusione, per cui la scrittura prende il posto della vita, Svevo propone una distinzione: da una parte l’esistenza di tutti i giorni, banale e ben regolata, dall’altra il fantasmatico operante nell’opera, che dichiara il vero io dello scrittore, il più profondo e autentico. L’esplorazione dell’universo sveviano è condotta con gli strumenti combinati della biografia del vissuto, dell’approfondimento critico e delle connessioni narrative (non inventate, ma sempre a base documentaria). A differenza di Pirandello, lo scrittore triestino è molto autobiografico, tanto che i tre romanzi, e la continuazione del quarto non compiuto, riflettono esattamente le tappe della vita dell’autore, adolescenza e giovinezza, maturità e vecchiaia. I venti capitoletti del libro, aperti dal racconto della morte dell’autore per un incidente automobilistico, toccano con agile sintesi i nodi essenziali delle vicende di una scrittura che obbedisce, senza censure e abbellimenti estetici, al dettato dei fantasmi profondi, delineando i tratti più autentici dell’individuo contemporaneo. La grande modernità di Svevo è garantita dall’intuizione di James Joyce, nel singolare incrocio dei destini dei due scrittori, che si sono conosciuti a Trieste, frequentati per anni, fino alla consacrazione della Coscienza di Zeno come capolavoro assoluto dovuta all’autore dell’Ulixes.