Il tema dell’universale antropologico e morale è parte di quel nucleo speculativo della modernità che è diventato problema nella postmodernità. O meglio: è diventato negazione certa, se con ‘universale’ si intende l’attributo della ‘natura umana’, ed è diventato affermazione incerta, se con universale si connota qualcosa dell’agire umano, in quanto criterio (vincolo, procedura ecc. ) da tutti condiviso.
Questo forse spiega perché, se le etiche contemporanee, per un lato, cercano, quasi disperatamente, di conservare qualcosa dell’antico universalismo – segno della dignità ed eccellenza del sapere morale tra i saperi umani –, paiono, dall’altro, sempre inclini a rassegnarsi nel vedere ridotta l’etica ad una delle molte forme culturali. È pur vero che l’universalismo moderno, nonostante il titanico sforzo hegeliano, di rado ha superato lo statuto dell’universale ‘astratto’; anzi si è spesso rovesciato nel particolarismo differenzialista: a riprova che il problema dell’universale porta in sé quello del particolare e fa questione precisamente quanto alla sua combinazione con questo.
Bisognava, dunque, riprendere da capo il problema a partire da qui, cioè dalla manifesta irrinunciabilità, testimoniata per molte vie dal dibattito contemporaneo, e dell’universale e del particolare, nel vasto territorio dell’eticità, e specialmente in quel territorio dell’eticità che riguarda lo scenario fortemente complesso delle relazioni pubbliche. I saggi, gli interventi e i vari contributi di questo terzo numero dell’Annuario di etica propongono – in risposta – una coniugazione del particolare e dell’universale articolata e flessibile, dove si determinano le modalità fondamentali secondo cui entrambe le figure dell’esperienza morale, al singolare e al plurale, si rafforzano vicendevolmente, anziché vicendevolmente confliggere.
Francesco Botturi è ordinario di Filosofia morale nell’Università Cattolica di Milano.
Francesco Totaro è ordinario di Filosofia morale nell’Università di Macerata.