Questo libro, dedicato "in modo particolare alle persone che non hanno sistemi e sono fuori dai partiti", e che dunque "sono ancora libere di avere dubbi su ciò che è dubbio", parla di un "mondo attuale" negli anni fra le due guerre, ma ciò che di quel mondo esso coglie appare ancora più evidente nel 1994. Elaborato nei dintorni di una catastrofe, il libro registra molti di quegli spostamenti epocali nelle nozioni di "Europa", "civiltà", "storia", "tecnica", "politica", "libertà", "progresso", che oggi più che mai ci assillano; eppure lo fa ogni volta con leggerezza e con micidiale nonchalance. Il libro apparve in versioni diverse fra il 1931 e il 1945 e include pagine che risalgono al 1895.
«È davvero una storia del mondo, quella che leggiamo nel divertente, colto, intelligente e spesso deliziosamente divagatorio libro di MacGregor? Anche, sì, ma è soprattutto una storia della civiltà, e dell'arte di trasformare il mondo manipolandolo. E poi La storia del mondo in 100 oggetti è, più di tutto, un libro di “intrattenimento” come erano Le mille e una notte o il Decameron, un racconto di racconti che però sostituisce ai personaggi immaginari delle novelle di Boccaccio o degli Arabi i personaggi reali della Storia, un intrattenimento che riesce ad essere scanzonato come le avventure di Sindbad il Marinaio e serio come l'Enciclopedia Britannica».
Giuseppe Montesano
Maugham era un formidabile conoscitore della vita mondana - e di quella sua provincia che è la vita letteraria. Da entrambe trasse materiali preziosi e inesauribili per i suoi racconti, come dimostrano quelli qui riuniti. Di entrambe seppe riconoscere, con lucidità stupefacente, che esigevano una dura, quasi militare disciplina ed erano fondate su una ubiqua malevolenza. La più scintillante commedia poteva facilmente precipitare in dramma. O nasconderlo. Di queste commedie e di questi drammi Maugham fu il magistrale, sarcastico e penetrante cronista. Esemplarmente nel racconto che dà il titolo a questo libro, dove si scoprirà come l'"impulso creativo" possa anche avere origine dalla fuga, con la cuoca di casa, del docile marito di una prestigiosa autrice, celebrata per i suoi punti e virgola.
"Non le darò istruzioni né le farò raccomandazioni... Dovrà soltanto riferire obiettivamente quello che ha visto, raccontare quello che ha vissuto in prima persona e ripetere ciò che in Polonia le è stato ordinato di dire su coloro che vivono là e negli altri paesi occupati d'Europa": con questo viatico il premier Sikorski mandò Jan Karski a informare gli Alleati di ciò che stava accadendo agli ebrei nel suo paese e di come i polacchi non avessero mai smesso di lottare. Unitosi alla Resistenza nel 1939, il giovane ufficiale della riserva era stato incaricato di tenere i collegamenti fra lo Stato segreto polacco, e gli organi ufficiali del governo in esilio a Londra. Oltre a svolgere temerarie, Karski aveva compiuto un'impresa inaudita: era riuscito a infiltrarsi nel ghetto di Varsavia e nel campo di transito di Belzec e, fatto ancora più inaudito, a uscirne indenne, deciso a denunciare al mondo le atrocità commesse dai nazisti. Porterà in effetti la sua testimonianza diretta ai grandi della terra, incluso il presidente Roosevelt, ma per motivi politico-strategici il suo appello non verrà raccolto né avrà seguito: non gli resterà, nel 1944, che affidarlo a questo libro. Dimenticato nel dopoguerra in ragione dei nuovi assetti politici mondiali, Karski sarà riscoperto e intervistato dal regista Claude Lanzmann per il celeberrimo "Shoah" (1985), che darà l'avvio alla seconda fase della sua missione: ricordare l'indifferenza degli Alleati di fronte al consumarsi del genocidio.
Se il tentativo di restituire un periodo o un personaggio storico attraverso una mostra ha sempre qualcosa dell'azzardo, per l'idea di raccontare la storia della civiltà umana sulla Terra attraverso 100 oggetti - da una pietra da taglio abbandonata in Tanzania due milioni di anni fa a una carta di credito islamica emessa nel 2009 - mancano le definizioni. Eppure Neil MacGregor non solo ha raccolto la sfida, ma le ha aggiunto un ulteriore gradiente di difficoltà: ha cioè pensato di descrivere i 100 oggetti, tutti provenienti dalle collezioni del British, alla radio, in altrettante puntate da un quarto d'ora l'una trasmesse tre anni fa dalla BBC. E, per farlo, ha sostituito alle immagini un numero equivalente di storie, raccontate con la sua voce, ma anche lasciando la parola a una folla di studiosi, esperti, artisti. Risultato? Un successo enorme che ha incoraggiato MacGregor a trasformare tutto il materiale trasmesso in ciò che, in filigrana, era già: questo libro. Che adesso si può aprire come un'enciclopedia, leggere come un romanzo, o visitare come una Wunderkammer - un personalissimo museo portatile da percorrere una stanza dopo l'altra, seguendo le connessioni che la nostra guida di volta in volta ci indica, oppure stabilendone di nostre, attraverso il tempo e lo spazio: finché le rifrazioni di questa stupefacente macchina ottica non ci costringeranno a vedere anche il presente con occhi diversi.
Partendo per l'Oriente col piccolo Michael, Mame aveva promesso di tornare in tempo per la riapertura delle scuole, e qualcuno aveva fatto finta di crederle. Ma sono passati due anni, e della strana coppia nessuna notizia, se non qualche salutino entusiastico sul retro di una cartolina, regolarmente inviata dai luoghi più incantevoli del pianeta. Pegeen è fuori di sé, ma Patrick le dice di non preoccuparsi: zia Mame gira il mondo meglio di chiunque altro. Tu come lo sai, gli chiede Pegeen. Perché ho viaggiato con lei, prima della guerra. Ah. Questo Patrick lo aveva taciuto, ma adesso, per tranquillizzare Pegeen, lo racconta - rivelando come, sotto i suoi occhi, Mame e Vera abbiano più o meno distrutto le Folies Bergère, e poi gettato lo scompiglio in una compassata e filonazista famiglia britannica molto vicina alla Corte, e squassato dalle fondamenta, che si ritenevano piuttosto solide, il regolare andamento di una fattoria collettiva nella Russia sovietica. Via via che la linea tratteggiata delle rotte di Mame e Patrick copre metà del globo, e le etichette si accumulano sulle valigie, Pegeen forse non si tranquillizza, ma comincia a ridere, ridere, ridere. Come del resto ridiamo anche noi, arrivando a intuire di quante lunghezze Mame riesca a staccare, col suo celebre motto, il presidente Mao: perché sì, la rivoluzione - delle teste, delle abitudini, dei conformismi - può essere adesso; e sì, può essere, anzi deve, un pranzo di gala.
Tra le storie più affascinanti di sempre merita senza dubbio un posto quella del Koh-i-Nur, il diamante dal valore stimato «in due giorni e mezzo di cibo per il mondo intero», la gemma portentosa contesa nel corso dei secoli da un numero impressionante di re, conquistatori, principi, razziatori, ladri e imperatori, le cui morti truculente ne alimentarono la fama di pietra maledetta: accecati, avvelenati, torturati, bruciati nell'olio bollente, 'incoronati' con il piombo fuso o uccisi dai familiari. Nel riscrivere questa storia, William Dalrymple e Anita Anand la sottraggono alle brume del mito e la ricostruiscono meticolosamente a partire dalle fonti originali (persiane, afghane, urdu, in parte tradotte per la prima volta). E mostrandoci, tra l'altro, come la 'maledizione' non abbia nulla di soprannaturale, ma sia la concreta manifestazione della cupidigia e della furia omicida che questo gioiello inestimabile ha suscitato, storicamente, in tutti coloro che lo hanno bramato. E quando il Koh-i-Nur trovò in Inghilterra «la sua dimora definitiva», lo seguì il suo ultimo proprietario indiano, Duleep Singh, che nacque sovrano del più potente regno dell'India e morì, abbandonato da tutti, in un hotel di Parigi, mentre la gemma che un tempo aveva fieramente indossato faceva bella mostra di sé sulla corona della regina Vittoria.
Madame du Deffand visse da libertina gli anni turbolenti della Reggenza; esercitò la potenza di grande salonnière nella Parigi della metà del Settecento; sostenne d'Alembert, fu amica di Voltaire, ma guardò con insofferenza agli illuministi come "partito"; si abbandonò, cieca e settantenne, alla passione per un uomo molto più giovane di lei. Esercitò le migliori virtù del suo secolo: il culto dell'intelligenza, la sovranità del gusto, il senso della naturalezza. Ma era, come scrisse Cioran, devastata dal "flagello della lucidità", che le faceva percepire il nulla e il tedio che formano l'essenza del vivere. Edizione con un saggio di Marc Fumaroli.
Con questo libro, apparso nel 1978 provocando subito grande clamore, Girard si è spinto fino alle cose ultime, quelle che, secondo la parola del Vangelo di Matteo, sono nascoste sin dalla fondazione del mondo". "