Scito die VIII mensis Aprilis anno MMXVI magistros discipulosque Facultatis Litterarum Christianarum et Classicarum (cui alterum est nomen Pontificium Institutum Altioris Latinitatis) in Pontificiam Studiorum Universitatem Salesianam in Urbe una cum nonnullis sodalibus societatis c.n. Centrum Latinitatis Europae sedulo convenisse ubi conventus habitus est, inter quem eruditi et viri et mulieres luculentissimas habentes orationes de hominibus Graecis et Romanis itinera multas propter causas agentibus disputarunt. Ideoque Acta collecta illius conventus laetissime referimus utpote cum argumentum tractatum nec levis nec mediocris ponderis esse videatur (Roberto Spataro, curatore del volume).
Il volume parla di vari aspetti di migrazione. Anche noi siamo “migrantes” e “pellegrini”. Essere “in migratione” è un impegno verso noi stessi e verso il prossimo, per arrivare alla fine a una “tranquillitas” che già gli antichi hanno visto come una particolare qualità della vita (Rainer Weissengruber, Presidente del Centrum Latinitatis Europae).
«Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo?»: malgrado titolo e sottotitolo suggeriscano molte altre cose, sono queste le domande essenziali a cui vuole rispondere il libro. Si tratta, dunque, di antropologia o, meglio ancora, di suggerire un’antropologia esperienziale ed ermeneutica in grado di armonizzare i dati riconosciuti dalla comunità scientifica – a livello sia biologico che culturale –, che accolga alcune delle sfide più sconcertanti dell’attuale cambio epocale. In primis, l’«inedito stato di coscienza» delle donne e degli uomini contemporanei, segnato precisamente da un profondo mutamento antropologico che include un concetto di uomo e di mondo interamente nuovo: mondo adesso definito più come evoluzione e storia che come natura; uomo inteso come essere in perpetua creazione di sé stesso. Tale trasformazione ha portato con sé anche la mutazione sia delle strutture di credibilità – spostate verso il valore assoluto della persona, l’autonomia della coscienza, la creatività e l’autenticità, la libertà e il pluralismo di progetti – che il modo di comprendere e avvicinare la realtà, oramai collegato alla secolarizzazione e alla laicizzazione, in quanto espressioni di una razionalità «non dipendente» o semplicemente non deduttiva.
L’antropologia è il supporto determinante di ogni cultura. Dando per scontato che le profonde mutazioni antropologiche in corso si riflettono in tutti gli ambiti della vita personale e sociale, in questo testo se ne prendono in considerazione due: l’ambito dell’educazione e quello catechetico. Sicuramente l’identità e la prassi cristiana in genere, così come la riflessione catechetica e l’azione catechistica in particolare, dipendono dalla sottostante immagine di uomo; altrettanto possiamo dire dell’educazione. Infine, la relazione dell’antropologia con la catechetica e con l’educazione porta a concludere che forse è arrivato il momento di trasformare il classico desiderio di formare «buoni cristiani e onesti cittadini» in quello altrettanto impegnativo ma certamente più adeguato ai nostri tempi di «cittadini nella Chiesa e cristiani nel mondo».
José Luis Moral, attualmente professore nella Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, è stato Direttore dell’Istituto Superiore di Teologia «Don Bosco» di Madrid e della rivista di pastorale giovanile «Misión Joven». Alcune delle sue ultime pubblicazioni: Giovani senza fede? (Leumann, 2007); Giovani, fede e comunicazione (Leumann, 2008); Giovani e Chiesa (Leumann, 2010); Ricostruire l’umanità della religione. L’orizzonte educativo dell’esperienza religiosa (Las, Roma 2014); L’incontro con Gesù di Nazaret. Orizzonte educativo dell’esperienza cristiana (Las, Roma 2016).
C’è molta letteratura su questo argomento, ma forse la prassi è ancora molto distante dai principi generali e dal rispetto dei diritti umani, a 60 anni dalla loro affermazione di principio. Questo testo affronta con coraggio e competenza una tematica che oggi ha una sua emergenza sociale.
La riflessione parte dai principi della costituzione italiana che riconosce l’uguaglianza dei diritti sociali ed economici inquadrati nel concetto di identità della persona con disabilità, il valore del lavoro, le libertà inviolabili per le persone con disabilità, dal collocamento obbligatorio al collocamento mirato.
Analizza pertanto la normativa giuridica che regola gli interventi in favore dell’integrazione sociale e lavorativa dei disabili in Italia; la sua formazione professionale, attraverso un sistema integrato dei servizi sociali, la complementarità del ruolo dei soggetti pubblici e privati; l’analisi culturale del contesto sociale che evidenzia limiti e difficoltà dell’integrazione.
Appare inoltre molto interessante, dal punto di vista storico, l’analisi della via italiana alla attenzione all’handicap, con la descrizione del pensiero dei principali autori. Alla luce di tale pensiero, poi, si passa all’analisi della normativa e delle sue giustificazioni che portano alle scelte che fanno passare dall’esclusione all’integrazione scolastica e sociale; e dall’integrazione scolastica all’inclusione sociale. La descrizione di tali modalità è articolata e quasi puntigliosa.
Da un punto di vista didattico, per una buona comprensione del testo, viene sviluppato un itinerario che porta a comprendere gli elementi costitutivi del percorso di inserimento lavorativo alla luce delle buone pratiche, realizzate in Italia come “costruzione del progetto di vita della e con la persona disabile”. La descrizione delle esperienze è analitica e meticolosa, perché si prefigge l’obiettivo di far comprendere che è possibile realizzare tale “utopia”.