Gli otto anni della presidenza Obama sono stati - per gli Stati Uniti e per il mondo - un periodo di grandi cambiamenti. Quale eredità lascia Barack Obama al suo successore, in particolare per quanto riguarda la politica estera? Molte sono le questioni aperte, a partire dai negoziati con l'Iran e tutto il complicato scacchiere mediorientale, con la minaccia costante dello Stato Islamico. I contributi raccolti nel presente volume si propongono di fotografare questa situazione in divenire e di identificare - in una serie di aree critiche, dalla Russia all'Europa, all'Asia - l'impatto che hanno avuto le scelte dell'amministrazione per comprendere i possibili sviluppi futuri. Più che fornire risposte, il volume vuole, quindi, sollevare domande, mettendo in evidenza da una parte le criticità nascoste nei "successi" del Presidente, dall'altra la coerenza di decisioni apparentemente contraddittorie. Con la consapevolezza che i margini d'azione della "nazione indispensabile" possono essere ampi ma non sono certamente illimitati. Fattori interni ed esterni hanno infatti modificato profondamente la posizione degli Stati Uniti nel mondo, intaccando la loro "eccezionalità" e mettendo in discussione il mito dell'"iperpotenza". Se e quanto questi cambiamenti si dimostreranno duraturi è ancora da verificare. Rimane il fatto che il suo successore difficilmente potrà prescindere dai cambiamenti che sono intervenuti negli otto anni della presidenza Obama.
Innescata dallo scoppio della bolla immobiliare nel 2006 e culminata il 15 settembre 2008 nel crack della Lehman Brothers, la prima grave crisi finanziaria dell’era globale ha investito violentemente ogni parte del mondo, dalle borse del Regno Unito e dell’Europa fino alle fabbriche dell’Asia, del Medio Oriente e dell’America latina, e ha determinato un radicale riassetto della governance internazionale. Negli Stati Uniti e nei paesi occidentali ha provocato un generale impoverimento del ceto medio, un ripensamento della natura della democrazia capitalistica e, con un effetto domino la cui prima conseguenza è stata l’esplosione di una serie di crisi geopolitiche lungo tutto il perimetro esterno dell’Unione europea, dalla Tunisia alla Crimea, ha portato alla guerra in Ucraina, al collasso della Grecia, alla Brexit e alla vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali americane del 2016.
Con la sua poderosa ricostruzione del decennio di crisi finanziarie appena trascorso e delle risposte economiche, politiche e geopolitiche che a esse sono state date, Adam Tooze ci mostra che per comprendere gli sconvolgimenti epocali in corso è necessaria una profonda riflessione su alcuni temi di fondo: il carattere casuale e caotico dello sviluppo economico e le rotte imperscrutabili del debito; le invisibili trame che legano paesi e regioni in rapporti di interdipendenza acutamente asimmetrici, frutto di una incolmabile e crescente disparità in termini di capacità di investimento e di potere politico e militare; le modalità con cui le crisi finanziarie hanno interagito con il successo planetario di Internet e dei social network; la sofferenza della classe media americana, l’ascesa della Cina e le lotte globali per i combustibili fossili.
Alla luce di questo nuovo scenario, Tooze valuta, con le armi dello storico, la portata di eventi che si configurano come una delle grandi crisi della modernità, al pari della prima guerra mondiale, e formula alcune domande cruciali – come si accumulano rischi enormi, poco compresi e poco controllabili? siamo entrati nella crisi ingenuamente, come sonnambuli, o spinti da forze oscure? di chi è la colpa del disastro che ne è derivato? in che modo le passioni politiche del popolo influenzano il processo decisionale dell’élite? e in che modo i politici sfruttano tali passioni? – riguardo alle reali prospettive di un ordine mondiale liberale, stabile e coerente.