Dobbiamo confessarlo: ciò che di Gesù ancora oggi scandalizza non sono le sue parole di giudizio; ciò che scandalizza è la misericordia, interpretata da Gesù in un modo che è all'opposto di quello pensato dagli uomini religiosi, da noi! In tutta la storia della chiesa la misericordia ha scandalizzato, e per questo è stata poco esercitata. Quasi sempre è apparso più attestato il ministero di condanna piuttosto che quello della misericordia e della riconciliazione. Di tutto il messaggio di Gesù, la misericordia è forse la parte meno capita, più rifiutata. Scandalizza chi si crede giusto ma è compresa da chi sente di aver bisogno di un cambiamento nella propria vita. Scandalizza spesso anche i credenti, li spiazza. Basta guardare alla nostra storia personale: quanto è difficile perdonare! E ancor più a livello sociale: misericordia diventa quasi una parola rivoluzionaria e scomoda. Tutto questo, dice Enzo Bianchi, è tradire il Vangelo, che annuncia invece l'amore scandaloso di Dio. Il priore di Bose commenta i brani del Vangelo in cui emerge con più forza la misericordia di Dio, in particolare un testo spesso ritenuto "pericoloso" dai cristiani stessi, quello della donna adultera (Gv 8) con la celebre frase di Gesù: "chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra".
È compito di ogni generazione cristiana, e di ogni cristiano in ogni generazione, riprendere il cammino della preghiera, ridefinire la preghiera non tanto astrattamente quanto vivendola. Come recita un famoso adagio "Se sei teologo, pregherai veramente; se preghi veramente, sei teologo" (Evagrio, La preghiera), sei cioè una persona che tende a quella conoscenza intima e penetrante di Dio capace di plasmare la propria vita quotidiana.
Una nuova lettura della lettera di Paolo ai Filippesi, che chiede ad ogni cristiano un'adesione personalissima a Cristo e, nello stesso tempo, ad una dimensione comunitaria della propria fede: vivere una profonda relazione con il Signore altro non è che acconsentire a fare quotidianamente questo insieme ai fratelli, membra del corpo di Cristo. Un libro che ricostruisce il centro vitale della comunità cristiana, oltre ogni sfrenato attivismo, idolatria della militanza, burocratizzazione dei ministeri nella comunità cristiana.
Il primo di una serie di otto volumetti che Enzo Bianchi dedica alla lotta spirituale contro le tentazioni e i vizi capitali. Vale la pena lottare contro le tentazioni che si annidano nel nostro cuore, per ristabilire rapporti autentici con se stessi, con gli altri e con Dio. Vale la pena cambiare il nostro stile di vita guidati dal Priore di Bose Enzo Bianchi che, come un fratello anziano, ci addestra nell'arte della lotta spirituale.
Se è vero che noi oggi diamo poca importanza all’ingordigia, al punto che non la consideriamo più come un peccato, e altrettanto vero che, mai come oggi, sperimentiamo quanto essa sia dannosa per la nostra salute. È parados- sale eppure reale: siamo maggiormente disposti ad accettare i disagi prove- nienti dagli abusi nel nostro rapporto con il cibo che non quelli causati da un suo retto uso, cioè le moderate rinunce e il giusto rapporto con il cibo che ci consentirebbero di intrattenere un rapporto equilibrato con il nostro corpo.
enzo Bianchi (1943) è fondatore e priore della Comunità Monastica di Bose. È autore di numerosi testi, tradotti in molte lingue, sulla spiritualità cristiana e sulla grande tradizione della Chiesa, scritti tenendo sempre conto del vasto e multiforme mondo di oggi. Collabora con «La Stampa», «Avvenire», e, in Francia, con «La Croix», «Panorama» e «La Vie». Autore di diversi libri come Il pane di ieri (Einaudi, 2008), Ogni cosa alla sua stagione (Einaudi, 2011), per le Edizioni San Paolo ha pubblicato, tra gli altri: Il Padre nostro. Compendio di tutto il Vangelo (20082), L’amore vince la morte (20082), Ascoltate il figlio amato! (2008), Perché pregare, come pregare (2009), Il Padre Nostro spiegato da Enzo Bianchi (2010), Una lotta per la vita. Conoscere e combattere i peccati capitali (20112) e Le tentazioni di Gesù Cristo (2012).
Enzo Bianchi dedica questo volume della serie "Se questa vita ha un senso" alla lussuria, vizio dell'anima. La voracità di cibo e quella sessuale affondano le radici nello stesso terreno: "l'ingordigia è madre della lussuria"; significativamente Giovanni Climaco mette in bocca all'ingordigia personificata questa dichiarazione: "Mia figlia primogenita è la lussuria", perché l'eros è chiamato alla relazione, ma se quest'ultima è negata, il sesso si deforma in lussuria.
Enzo Bianchi dedica questo volume della serie "Se questa vita ha un senso" all'avarizia. L'avarizia è un vizio che si insinua lentamente nel cuore dell'uomo: si inizia con il trattenere per sé ciò che può essere condiviso con altri; si prosegue con l'accumulare senza mai essere soddisfatti; ciò provoca una crescente inquietudine, la quale a sua volta genera l'ossessione dell'aumento del possesso.
La collera, l'ira (orghé) è quella passione che ci assale come un vento impetuoso, emerge come un bollore improvviso dal nostro intimo e divampa come un fuoco divorante, avendo come bersaglio l'altro, gli altri. Essa è per eccellenza il vizio visibile, tanto da sfigurare chi ne è preda, producendo anche effetti psicosomatici: fa perdere il fato, genera una sensazione di soffocamento, e non è dunque casuale che la Bibbia per indicarla si serva dell'espressione "brevità di respiro" (qezor 'appajim: Pr 14,17).
Enzo Bianchi dedica questo volume della serie "Se questa vita ha un senso" alla tristezza. Vi è una tristezza buona, cioè quell'afflizione che consiste nella sofferenza per la propria lontananza da Dio e che può condurre fino alla compunzione, al sentire il proprio cuore trafitto da Dio stesso che ci invita a ritornare a lui. Il vizio di cui ci occupiamo è invece quella tristezza che non è secondo Dio, ossia quell'ombra che ci abita, ci paralizza e ci deprime, spegnendo poco per volta in noi la voglia di vivere. Il segno da cui si riconosce tale tristezza è l'incapacità di piangere: solo grazie al dono delle lacrime possiamo infatti sperimentare la tristezza quale giusta sofferenza per i nostri peccati.
Enzo Bianchi dedica questo volume della serie "Se questa vita ha un senso" all'acedia. Questa tentazione, che l'essere umano ha sempre conosciuto, forse oggi si fa più frequente e intensa, soprattutto nel mondo occidentale: là dove non si è più assillati dalla fame e dalla lotta quotidiana per la sopravvivenza, ecco aprirsi lo spazio per desideri e bisogni che vanno al di là di quelli primari e che, proprio per questo, hanno in sé una vena di insaziabilità. Quando oggi si cerca di capire l'aumento di suicidi in tutte le fasce di età, la rivendicazione sempre più insistente ed esplicita di essere aiutati a morire senza sofferenza, la rimozione della morte per l'insostenibile pesantezza della sua realtà, allora bisognerebbe avere il coraggio di fare una diagnosi nella società e nella cultura e riconoscere che siamo in una società depressa, viziata dall'acedia, da questo "male oscuro" che impedisce il dinamismo dell'amare e dell'essere amati.
Se l’acedia è atonìa, la vanagloria provoca una sorta di iper-tonìa: in noi si risvegliano il vigore e la forza, e tutto in vista della lode, dell’applauso altrui. Eppure, paradossalmente, la vanagloria e l’acedia sono probabilmente i vizi più diffusi nella nostra società: certo, l’acedia scaccia la vanagloria e la vanagloria l’acedia, ma entrambi questi vizi saturano l’aria che respiriamo. La vanagloria è davvero una tentazione sottilissima e assai difficile da discernere, un vizio multiforme che ci attacca da ogni parte: «facilmente si mescola a ogni opera virtuosa».
L’orgoglio, strettamente legato alla vanagloria, è invece il vertice e il più sottile di ogni peccato e, nel contempo, si cela in ognuno di essi.
Enzo Bianchi (1943) è fondatore e priore della Comunità Monastica di Bose. È autore di numerosi testi, tradotti in molte lingue, sulla spiritualità cristiana e sulla grande tradizione della Chiesa, scritti tenendo sempre conto del vasto e multiforme mondo di oggi. Collabora con «La Stampa», «Avvenire», e, in Francia, con «La Croix», «Panorama» e «La Vie». Autore di diversi libri come Il pane di ieri (Einaudi, 2008), Ogni cosa alla sua stagione (Einaudi, 2011), per le Edizioni San Paolo ha pubblicato, tra gli altri: Il Padre nostro. Compendio di tutto il Vangelo (20082), L’amore vince la morte (20082), Ascoltate il figlio amato! (2008), Perché pregare, come pregare (2009), Il Padre Nostro spiegato da Enzo Bianchi (2010), Una lotta per la vita. Conoscere e combattere i peccati capitali (20112) e Le tentazioni di Gesù Cristo (2012).
Comprendere in maniera profonda e intelligente questi canti non è facile; anzi, proprio perché essi contengono in realtà «la parola della croce» (1Cor 1,18), possono anche scandalizzarci e indurire il nostro cuore, attraverso il loro messaggio che pare inaudito, irricevibile (cf. Is 53,1).
Leggendo i Canti del Servo si medita in profondità sulla vita di Gesù: ciò che il profeta ha scritto alla metà delVI secolo a.C.si è realizzato pienamente nella vicenda di Gesù Cristo, Messia crocifisso, «vincitore perché vittima». Gesù deve aver pensato la propria vocazione più profonda alla luce di questi canti, assumendoli come forma della sua vita, fino a interpretare attraverso di essi la propria fine.
Enzo Bianchi (1943) è fondatore e priore della Comunità Monastica di Bose. È autore di numerosi testi, tradotti in molte lingue, sulla spiritualità cristiana e sulla grande tradizione della Chiesa, scritti tenendo sempre conto del vasto e multiforme mondo di oggi. Collabora con «La Stampa», «Avvenire», e, in Francia, con «La Croix», «Panorama» e «La Vie». Autore di diversi libri come Il pane di ieri (Einaudi, 2008), Ogni cosa alla sua stagione (Einaudi, 2011), per le Edizioni San Paolo ha pubblicato, tra gli altri: Il Padre nostro. Compendio di tutto il Vangelo (20082), L’amore vince la morte (20082), Ascoltate il figlio amato! (2008), Perché pregare, come pregare (2009), Il Padre Nostro spiegato da Enzo Bianchi (2010), Una lotta per la vita. Conoscere e combattere i peccati capitali (20112) e Le tentazioni di Gesù Cristo (2012).