La chiusura delle principali attività (lockdown) e l'obbligo di rimanere in casa (#iorestoacasa) offrono al sociologo un'occasione del tutto anomala di analisi. Le riflessioni contenute nel volume mirano ad avviare un percorso di analisi sulla condizione straordinaria che le nostre società stanno vivendo. La (rara) possibilità di guardare la società dall'esterno, a prescindere dai soggetti che la compongono, così come è possibile vedere le città senza gli abitanti, mette nella condizione di elaborare alcune considerazioni su come si ridefiniscono i processi di interazione a partire dai media, dalla nozione di distanziamento sociale, e su come la società futura (#nientesaràpiùcomeprima) sarà anche il risultato di come è stata vissuta la fase precedente. Il volume contiene contributi di Francesca Comunello, Francesca Ieracitano, Maria Cristina Marchetti, Donatella Pacelli, Angelo Romeo, Emanuele Rossi, Massimiliano Ruzzeddu. Prefazione di David Le Breton.
Il volume è il frutto di un ciclo di esperienze messe in atto da un gruppo di studiosi di diverse discipline: in questo ambito, lo studio dei fenomeni di violenza all'interno della società si è unito alla riflessione teorica sui 'linguaggi della violenza'. L'atto che brutalmente interrompe ogni istanza di mediazione all'interno di un circuito comunicativo, o quello che stabilisce in modo coercitivo i rapporti di potere, hanno luogo seguendo codici, pratiche, tecniche del dominio spesso non facilmente decifrabili. L'idea è stata quella di far incontrare competenze diverse, spesso lontane e difficilmente comunicanti (dalla filologia classica agli studi filosofici e letterari, dalla sociologia alla psicologia), per un confronto su questi temi: in sostanza, una ricognizione del nesso tra violenza e dominio. In questo quadro di riferimento, sono stati affrontati anche i grandi temi della violenza di genere o della violenza specista. Il risultato dei lavori e di una intera stagione di appassionati dibattiti ed esperienze sul campo è condensato in questo libro. Con esso si vuole innanzitutto proporre uno strumento a coloro che sentono come ineludibile una riflessione sulle forme della violenza nella società contemporanea; al contempo, la res publica delle idee e le varie cittadelle della scienza potrebbero trovarvi un modello virtuoso di dialogo tra le discipline e di interazione sociale da riproporre e perfezionare, auspicabilmente, in nuovi contesti culturali.
Nel settembre del 1976 Borges è a Madrid. Per la televisione della neonata democrazia spagnola è l'occasione giusta per intervistare il grande scrittore argentino. Ne esce una conversazione franca e diretta sull'universo borgesiano, sui codici che lo reggono, sullo stile numismatico che caratterizza e sulla sobrietà e metodicità della sua scrittura. Borges è infatti un vero e proprio collezionista, e la sua mente sembra fondersi con quella del bibliotecario descritto in uno dei suoi più celebri racconti. La letteratura scandinava, l'amore per la lingua tedesca, l'interesse per il taoismo, i suoi viaggi in Europa, il mai sopito fervore di Buenos Aires e il suo deciso antinazionalismo: questi solo alcuni dei temi toccati durante l'intervista, presentata qui per la prima volta al pubblico italiano. Dopo quattro anni, nell'aprile del 1980, Borges ritorna a Madrid, questa volta per ricevere Premio Miguel de Cervantes, il più importante riconoscimento letterario per la lingua spagnola, e concede una seconda, memorabile intervista alla televisione spagnola. L'immagine che filtra è quella di una figura sobria e persino un po' impacciata, ma sempre riluttante a far propri i vezzi retorici tipici dello scrittore alla moda. Eppure l'acume e la vertiginosa intelligenza di Borges, al servizio di uno stile rigoroso e poco incline agli eccessi formali, gli hanno garantito - malgré lui, come ricorda ironicamente -una fama pressoché universale.