Padre Ulderico Pasquale Magni, oltre che sacerdote, è anche epistemologo, cioè filosofo della scienza. Nominato direttore dello Studium Christi di Roma, ha frequentato contemporaneamente il Centro di Comparazione e Sintesi per gradi successivi, maturando il suo sogno giovanile: attivare il dialogo galileiano fra Bibbia e Natura, fra Scienza e Teologia. Presidente dell’Associazione culturale Akropolis, direttore della rivista Il Fuoco, da molti anni sta conducendo un difficile discorso dove Teologia e Scienza si incontrano per una migliore comprensione di fenomenologie fino a pochi decenni fa inspiegabili. Partecipa a convegni e trasmissioni televisive e radiofoniche e ha ricevuto molti premi, tra cui la Medaglia d’oro del giornalismo, il Premio Cortina Terzo Millennio, il Premio Agape del giornalismo.
Pur essendo un uomo schivo e riservato, Paola Giovetti, approfittando della vecchia e affettuosa amicizia che li lega, è riuscita a intervistarlo, venendo a sapere molte cose di lui; altre le ha ricavate da documenti e testimonianze inedite. Ne è uscito un piccolo libro che gli rende omaggio, un ringraziamento per quanto da tanti anni sta facendo per la ricerca psichica e per tutti coloro che frequentano questo campo.
L'affascinante mondo delle profezie medievali rivive nelle pagine di questi saggi redatti da un eccezionale gruppo di studiosi, che esplorano il contenuto e le origini di due manoscritti miniati realizzati nel XV secolo per Leonello d'Este. Le vicende avventurose del passaggio del testo noto come "Summula seu breviloquium super concordia novi et veteris testamenti" dalla Catalogna del XIV secolo, dove fu composto, alla corte estense del secolo successivo sono ricostruite con rigoroso scrupolo scientifico e portano a conclusioni inedite. Con la stessa attenzione sono analizzati anche i rapporti del manoscritto con l'ambiente culturale estense e l'iconologia delle miniature.
Dalle prime intuizioni di Ugo Foscolo ai fondamentali studi di Gabriele Rossetti, da Giovanni Pascoli a René Guénon, la problematica dell'ermeneutica dantesca è stata interpretata in termini iniziatici ed esoterici e in una prospettiva intellettuale più elevata, nonostante l'ostracismo della critica dantesca ufficiale. Il Collegio Mediolanum del Rito Simbolico Italiano ha posto al centro dell'attenzione le opere degli autori menzionati, nell'intento di dare un contributo teso a rilanciare gli studi sui significati più profondi dell'opera dantesca, come si evince dai saggi di Piero Vitellaro Zuccarello e Luigi Della Santa. La questione della censura delle opere concernenti l'esoterismo di Dante s'intreccia con la prolungata rimozione dal panorama culturale italiano della questione delle fonti islamiche della Divina Commedia, che ancora in certa misura persiste. In Italia una tale rimozione è durata più a lungo che in altri paesi, a causa di un becero nazionalismo e da un malinteso senso della "cattolicità" di Dante. Nel saggio di Grossato sono state anche esaminate le concezioni politiche universalistiche di Dante, poggianti sull'idea da lui propugnata di un impero universale spiritualmente legittimato, concezioni che si riscontrano sia nel ghibellinismo occidentale sia nell'Islam. Infine, Marco Vannini ha fornito un raffronto fra le prospettive di Dante e quelle del grande metafisico tedesco Meister Eckhart.
Se alla fine del ventesimo secolo esiste un pensiero religioso-filosofico vivo, è certamente quello di tradizione gnostica. Da Kafka a Jung, da Heidegger alla Weil, da Pessoa alla Cvetaeva a Cioran, la letteratura e la psicologia moderne sono state profondamente plasmate dai grandi temi gnostici. La formicolante moltitudine degli dèi; l'idea della luce divina caduta nella materia, da cui cerca di liberarsi; il mondo materiale come carcere; l'ineffabilità come legge segreta dello spirito; l'esilio di ogni uomo; il mito dell'uomo-donna; la rappresentazione mitologica del pensiero e dei sentimenti - non c'è quasi nessun tema gnostico che non risvegli un'eco profonda in un cuore di oggi. Come dice il "Vangelo di Filippo": "La verità non è venuta nuda nel mondo, ma è venuta in simboli ed immagini".
La scoperta dei testi gnostici copti di Nag Hammadi ha fatto dimenticare che i frammenti gnostici conservati, in lingua greca e latina, dai polemisti cristiani sono spesso molto più ricchi e complessi. Nel volume che presentiamo, tutti questi frammenti sono raccolti da Manlio Simonetti e accompagnati da un commento di ammirevole precisione e chiarezza. È la prima volta che testi accecanti per ardore intellettuale e forza di immaginazione vengono messi alla portata di qualsiasi lettore. Tutti comprenderanno che l'apparentemente complicatissima mitologia gnostica continua a parlare di ciascuno di noi. Che cos'è la gnosi? Un'eresia cristiana? O una religione autonoma, di carattere sincretistico, con apporti orientali, greci, ebraici e cristiani? Esiste una gnosi precristiana? A queste domande storico-culturali, da cui dipende il nostro posto nel mondo, il libro curato da Simonetti risponde secondo un'ottica nuova, la quale tiene conto di tutta l'immensa ricerca degli ultimi tempi.
Indice - Sommario
Introduzione
Abbreviazioni bibliografiche
TESTI E TRADUZIONI
- Parte Prima - Simon Mago e la sua scuola
- Parte Seconda - Ofiti e Sethiani
- Parte Terza - Basilide e i Basilidiani
- Parte Quarta - Carpocrate e suo figlio Epifane
- Parte Quinta - Valentino e la sua scuola
COMMENTO
INDICI
- Indice dei passi biblici e di altri autori
- Indice dei nomi e di alcune cose notevoli
Prefazione / Introduzione
Dall'introduzione
I. Esperienza e dottrina dello gnostico
Nell'antichità non si ebbero dubbi sull'appartenenza dello gnosticismo al novero delle eresie che pullularono dal II secolo in poi nella Chiesa cattolica compromettendone in vario modo unità e stabilità. Di esso si misero in luce soprattutto gli stretti legami con la filosofia greca e la pretesa di rappresentare una rivelazione divina (gnosi) riservata a pochi eletti, moralmente e intellettualmente preparati, in contrapposizione alla fede comune della gran massa dei cristiani. Tale fede aveva il suo fondamento nella predicazione pubblica di Gesù continuata dall'opera missionaria degli apostoli: invece la rivelazione gnostica traeva origine da una sorta di insegnamento segreto riservato da Gesù solo a pochi dei suoi discepoli e impartito durante il suo soggiorno in terra fra la resurrezione e l'ascensione, che gli gnostici volentieri consideravano ben più esteso dei quaranta giorni fissati dalla tradizione. Tale insegnamento segreto era stato tramandato per occulta via parallelamente a quello ufficiale della Chiesa, a beneficio di pochi eletti.
In tal modo lo gnosticismo si configurava come rivelazione di tipo superiore e più approfondita rispetto alla tradizione comune della Chiesa: di qui la suggestione che esso esercitò, nei suoi aspetti più intellettualmente impegnati (Basilide, Valentino), sui ceti colti della società cristiana, che più avvertivano l'ambizione e l'esigenza di un approfondimento del dato elementare di fede. Per tal motivo, nel II e III secolo lo gnosticismo rappresentò per la Chiesa il massimo pericolo, maggiore ancora di quello rappresentato dal marcionismo e dal montanismo, anche se non riuscì a darsi la salda organizzazione unitaria del primo né alimentò l'entusiasmo delle folle al pari del secondo. Ma la pronta reazione della Chiesa sul piano sia disciplinare sia organizzativo sia dottrinale fu tale che già alla metà del III secolo lo gnosticismo era ovunque in fase decrescente, anche se sporadicamente continuò a sopravvivere nel IV e anche nel V secolo. I resti delle varie sette gnostiche per lo più confluirono, a partire dal IV secolo, nel manicheismo, che presentava notevoli punti di contatto con l'esperienza e la dottrina gnostica, esasperandone gli aspetti più significativi.
Abbiamo accennato alla mancanza di unità del movimento gnostico; in effetti esso prese consistenza in numerose sette, spesso notevolmente diverse fra loro sul piano sia dell'organizzazione e del culto sia della dottrina, con un'articolazione a diversi livelli per cui si passava da sette di tono e carattere popolari, largamente aperte alle suggestioni magiche e poco esigenti sul piano dell'impegno intellettuale, a sette molto più aperte in questo senso e tali da alimentare un'approfondita riflessione dottrinale e una sincera esperienza mistica. Date tali differenze fra le varie sette gnostiche anche sotto l'aspetto dottrinale, basterà qui solo un rapido cenno sullo sfondo comune un po' a tutte.
Alla base dell'esperienza di ogni gnostico, che si sente alienato nel mondo materiale che lo circonda e lo condiziona, e sostanzialmente estraneo a esso, c'è la convinzione di essere depositario di una rivelazione divina destinata a pochi eletti. Questa rivelazione riguarda la sua più autentica natura, consistente in un germe, una particella di sostanza divina, degradata e caduta nel mondo, prigioniera del corpo materiale da cui anela a liberarsi per tornare al mondo divino da cui ha tratto origine. Ma la redenzione è possibile soltanto grazie all'opera di un Redentore divino, che o scende in persona dal cielo sotto apparenza umana o fa sentire in altro modo la sua presenza, per tramite di un uomo (Gesù) particolarmente meritevole di diventare strumento dell'opera divina di redenzione. Tale opera affranca l'uomo depositario del germe divino dalla schiavitù in cui era tenuto nel mondo materiale: questo infatti aveva tratto origine dall'errore o dal peccato di un essere divino, per lo più di genere femminile (Sophia), ed era stato plasmato da un Dio inferiore, il Demiurgo, identificato col Dio creatore del Vecchio Testamento. Il completo graduale recupero del seme divino degradato e imprigionato nel mondo materiale renderà superflua l'esistenza di questo, che perciò è destinato ad avere fine.
Da tale complesso di dottrina scaturiscono due fondamentali prese di coscienza da parte dello gnostico: I) concezione completamente negativa del mondo materiale, visto come prigione e sepolcro temporaneo del germe divino caduto dal ciclo e immerso in un letargo mortale da cui solo la rivelazione divina (gnosi) lo libera, dando coscienza all'uomo, in cui tale germe è racchiuso, della sua vera origine e del suo destino. Da questa concezione consegue l'opposizione fra il Dio supremo, Padre del Redentore divino che opera il recupero del seme divino, e il Dio inferiore, creatore del mondo, identificato col Dio del popolo ebraico, creatore del cielo e della terra. 2.) La redenzione ha per oggetto soltanto la parte divina dell'uomo, lo spirito (e in alcuni sistemi gnostici anche l'anima, vista come elemento divino di secondo ordine), non il corpo materiale, che perciò è destinato alla dissoluzione finale e non partecipa alla resurrezione e al ritorno dello spirito nel mondo divino (Pleroma, Eone). Quanto alla presenza dell'elemento divino nell'uomo, non c'è completo accordo fra i vari sistemi gnostici: ma è prevalente la convinzione che solo pochi privilegiati (gnostici) abbiano in sé il seme divino, lo spirito, infallibilmente destinato alla presa di coscienza del suo vero essere e perciò alla redenzione e al ritorno nel mondo divino d'origine. Altri uomini albergano soltanto l'elemento divino di secondo ordine (l'anima, sì che tali uomini sono detti psichici), e sono destinati a redenzione e recupero a livello inferiore rispetto agli spirituali.