Achenbach è il fondatore della "Philosophische Praxis", forma principale di consulenza filosofica. Il volume raccoglie i saggi fondamentali, in cui ha presentato il suo lavoro e ne ha discusso finalità e modalità. Per Achenbach la consulenza filosofica "non si occupa dei sistemi filosofici, non prescrive alcun filosofema, non costruisce alcuna filosofia, non somministra alcuna visione filosofica, ma mette in movimento il pensiero: filosofa", quindi deve riflettere produttivamente su casi concreti. Insomma: l'aiuto che il consulente filosofico può dare a chi lo consulta non sta nel "curarlo" o nel fornirgli una "verità" preconfezionata, ma nel metterlo in grado di pensare, nel dialogo con altri.
Che cos'è la consulenza filosofica? A che cosa serve e come si fa? Chi si rivolge a un consulente fìlosofico? E perché non opta invece per uno psicoterapeuta, uno psicologo o un consigliere spirituale? Gerd B. Achenbach, considerato il padre della consulenza filosofica, in un libro introduttivo alla disciplina spiega le caratteristiche di questa particolare filosofia applicata, che rappresenta oggi una sempre più diffusa alternativa alla psicoterapia. L'autore affronta i diversi temi e problemi di una filosofia che vuole rendersi utile alla vita quotidiana, pratica e concreta della gente. L'individuo che prova disagio, incertezza, delusione, insoddisfazione per la propria esistenza può rivolgersi al filosofo per cercare risposte alle domande che l'assillano. Domande sul senso della vita, sulla propria identità, le domande di chi desidera capire ed essere capito. Il consulente filosofico non ha risposte prestabilite da dare, pillole di saggezza da trasmettere, ma il confronto con lui può aiutare a riflettere, a chiarirsi le idee, a vedere nuove prospettive. Ed è questo lo scopo di quel work in progress che è la consulenza filosofica, un dialogo libero e aperto che riporta alle origini della filosofia stessa.
Tra gli studi radiofonici da dove mandare in onda una trasmissione sul tema dell'amore e una serata di san Valentino che si consuma fra conferimento del premio Goethe "alternativo" e una discussione in una casa francofortese, si recita una commedia, o forse una tragedia, che aggiorna alle incertezze, alle ossessioni e ai tic del Ventunesimo secolo una copia del Simposio platonico. Tema, come denuncia inequivocabilmente il titolo, l'amore (o forse l'Amore, non ne siamo del tutto sicuri). La società dello spettacolo e il mezzo radiofonico stentano a imporre i propri ritmi, il filosofo ha i suoi tempi e, di fronte alla prospettiva di un'ora e mezza di conversazione, preferisce divagare fra poesia e teatro, scienza e riflessioni dei suoi pari; invece di stringere e chiudere non fa che aprire prospettive, vecchie o nuove ma sempre diverse. Amore, divina follia: che si riflette anche in queste pagine, articolate con grande libertà, dove di amore si parla e si racconta sempre con una leggerezza che poi si capisce non essere disincanto ma affettuosa partecipazione. "Per quanto però riguarda il vero amore, ve ne sono di due tipi. O è qualcosa di scandaloso - e allora è grande, significativo, incomprensibile, una follia, un'autentica pazzia, una celestiale follia. Avete sentito? Sto appunto parlando del tema del mio discorso!... Oppure annoia. Non vi è di diritto alcuna terza possibilità."
Il titolo di questo libro fa riferimento a un passo di Theodor Adorno, nei suoi "Minima moralia", là dove dice "Non si da vera vita nella falsa". In tutti i libri di Achenbach si ritrova il motivo costante di un essere umano che cerca di tornare in se stesso allontanandosi dal modo comune di pensare, che si sforza di agire secondo una serie di principi che hanno la funzione di indicargli la via verso la vita "vera"; di un individuo che vaga tra la folla (e le follie) del Moderno nel tentativo di evidenziarne gli errori e i punti deboli, aggrappandosi ai principi originari della filosofia come arma contro l'oblio e la rimozione che definiscono il contorno del nostro tempo. Achenbach affronta in questo libro i temi che riguardano ognuno di noi, per poi arrivare a definire il suo fine (che poi è il fine dell'esistenza): la "vera" vita (o la vita "giusta"), un'esistenza, cioè, che ha le sue radici nella capacità di saper vivere. Achenbach trasforma la filosofia in potenzialità pratica per l'esistenza, misurandosi con una sua effettiva e concreta applicazione alla vita nello sforzo di chiarificarla in tutte le sue sfumature.
Come condurre la propria vita affinché sia degna e ricca di senso? Che cosa dà forma e controllo alla nostra esistenza? Quale vita può dirsi buona e realizzata al punto da definirsi "felice"? Molti cercano le risposte in quella che si definisce "arte di vivere"; Achenbach segue invece un'idea diversa, che chiama "capacità di saper vivere". Il "saper vivere" è tema senza tempo: caratterizza la filosofia delle origini quanto quella contemporanea. È ciò che i greci definivano virtù, l'"essere buoni". Mentre l"'artista della vita" intende condurre un'esistenza rilassata, leggera e spensierata, ciò che caratterizza "chi è capace di vivere e la volontà di affrontare le sfide esistenziali, la prontezza a risolvere i conflitti, e la capacità di distinguere ciò che è veramente importante. Egli non fa della sua vita un'opera d'arte, ma la domina, la dirige in modo esemplare, realizzando il meglio di sé. In questo senso, la "capacità di saper vivere" può definirsi una forma di "conoscenza della saggezza" che si può raggiungere attraverso l'esperienza.
Achenbach presenta una serie di riflessioni filosofiche sul tema della quiete, che consiste sì nella tranquillità dell'animo, ma anche in una certa dose di indifferenza e di leggerezza, in un misurato equilibrio delle passioni e in una consapevole accettazione del proprio destino, così che proprio la quiete interiore, intesa come assenza di turbamento diventa la condizione per la felicità, se non addirittura la felicità stessa. Un pensiero, questo, che ha origine nella Stoa, del cui spirito è impregnato tutto il libro di Achenbach, per il quale la filosofia stoica "è la saggezza di una coscienza che presta attenzione alla vita", "uno sforzo teso alla riuscita della vita", e ancora è "la moderazione degli affetti che solitamente ci spingono di qua e di là".