Memoria familiare, nostalgia dell’infanzia, romanzo autobiografico. “Un filo d’olio” è tutto questo. E anche un ritratto della Sicilia anni Cinquanta in una famiglia dell’aristocrazia terriera. Simonetta Agnello Hornby ha raccontato la Sicilia con storie forti e personaggi leggendari, dalla Mennulara, alla zia marchesa, alla monaca Agata, attraversando l’Otto e il Novecento. Ora è il ricordo autobiografico che si fa protagonista in uno scenario, quello della casa di campagna, dove l’autrice ha trascorso le estati della sua infanzia e giovinezza. Si chiama Mosè il luogo dell’anima di Simonetta Agnello, nome biblico derivante dal primo proprietario - un’opera pia - della antica masseria che ha resistito alla guerra. A pochi chilometri dai templi dorici dell’antica Akragas Mosè accoglie da maggio a ottobre la famiglia Agnello. Simonetta rivive e racconta quelle estati, i riti del viaggio, l’arrivo - ogni volta una emozione rivedere l’enorme gelso, le aie assolate, gli ulivi argentati, le stanze fresche, cercare i nidi tra le persiane, attendere gli ospiti, le visite, i cugini. I giochi, gli svaghi che si ripetono sempre uguali. E nel racconto affiora il lessico familiare, i parenti e le loro mille storie, i contadini, la servitù, figure che si sono impresse nella memoria dell’autrice e da cui ha tratto spunto per i romanzi in cui storia e tradizione si combinano con una intensità evocativa tale da far pensare ad alcuni classici della letteratura siciliana. Fra i ricordi più vivi quelli legati ai riti del cibo e della sua preparazione, piatti legati alla tradizione familiare, agli aromi pungenti della campagna, alle verdure spontanee e ai segreti mai svelati. E sono le ricette della sorella Chiara - inseparabile compagna al Mosè - che incorniciano ogni capitolo di questo affresco, dal caffè dal profumo speziato, riservato alle occasioni speciali, alla tuma tiepida e croccante.
"Agata sudava e le bruciavano gli occhi, come se vi fossero entrati i granelli di sabbia di un vento di scirocco che scendeva dalle lanterne sul soffitto e l’avvolgeva immobilizzandola. In quel momento e per la prima volta Agata percepì, come se fosse corporea, l’altera solitudine della clausura."
Messina, 15 agosto 1839. In casa del maresciallo don Peppino Padellani di Opiri fervono i preparativi per la festa dell’Assunzione della Vergine. Agata – tredicenne figlia del maresciallo – è innamorata del ricco Giacomo Lepre, ma, benché ricambiata, è costretta a rinunciare al suo amore: la nobiltà della famiglia non basta a compensare il dissesto economico. Alla morte del maresciallo, la madre la porta con sé a Napoli e la forza a entrare in convento.
Nel monastero benedettino di San Giorgio Stilita si intrecciano amori, odi, rancori, gelosie, passioni illecite e vendette. Eppure Agata, dopo lo scoramento iniziale, si appassiona allo studio e alla coltivazione delle erbe medicinali, impara a fare il pane e i dolci, e, confortata dalla rigida scansione della giornata monastica, legge i libri che il giovane capitano James Garson (incontrato sul piroscafo che l’ha condotta a Napoli) le manda con regolarità.
Agata ha accettato la vita del chiostro, ma il desiderio di vivere nel mondo non l’ha abbandonata ed è incuriosita dalle sorti dei movimenti che aspirano all’Unità d’Italia. La contraddizione si fa sempre più netta, anche se i sentimenti verso Giacomo cominciano a sbiadire e cresce l’attrazione nei confronti di James, presenza costante – benché sottotraccia – nella sua vita. Quanto più si inasprisce il conflitto interiore, tanto più il futuro
si colma di orizzonte e di speranza.
Sorella mediterranea delle eroine di Jane Austen, che infatti legge appassionatamente, l’Agata di Simonetta Agnello Hornby porta in sé una forza spirituale nuova, modernissima. Una forza, una determinazione – di giovane donna fedele a se stessa e ai propri sentimenti – da leggere a partire dal nostro tempo per arrivare al suo.
Il nuovo racconto di Simonetta Agnello Hornby. Una grande scrittrice incontra un mito letterario, un personaggio complesso e le sue famose fotografie.
Sappiamo tutti che Lewis Carroll amava i bambini ed era un grande affabulatore. Di mestiere professore di matematica alla Christ Church di Oxford, talvolta portava le figlie del preside Liddell a fare dei picnic. La piccola Alice Liddell era la sua preferita e per lei scrisse Alice nel paese delle meraviglie.
Il libro, si sa, fu uno strepitoso successo e Lewis Carroll fu sempre più attorniato dalle sue piccole ammiratrici, che lui, un pioniere della fotografia, amava ritrarre in costumi esotici, in tableaux vivants e, dal 1867, anche nude.
Tutte le famiglie rimasero soddisfatte delle fotografie delle figlie ignude, fuorché una, che pose fine bruscamente alle sedute.
In questo nuovo straordinario racconto, Simonetta Agnello Hornby narra la storia di questa amicizia interrotta attraverso gli occhi della bambina ormai cresciuta e della sua compagna Alice.
Simonetta Agnello Hornby. Nata a Palermo nel 1945, dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza a 21 anni ha lasciato l’Italia. Ha vissuto in Africa e negli Stati Uniti e, dal 1972, vive a Londra dove esercita la professione di avvocato dei minori, con particolare interesse per le cause di abuso. Per Feltrinelli ha pubblicato La Mennulara (2002), La zia marchesa (2004), Boccamurata (2007) e Vento scomposto (2009).
Chi è stata la madre di Tito? Una poco di buono, come dicono certe voci cattive? O una signora di buona famiglia costretta a "sparire", come ha sempre detto il padre Gaspare? Tito è alla guida di un pastificio, fonte non solo di ricchezza ma anche di conflitti, tensioni e invidie in seno a una famiglia allo sbando. È soltanto la sua autorità a tenerla insieme, a volerla unita, con il sostegno forte della mite presenza di una vecchia zia: zia Rachele ha vegliato su Tito e poi sui figli di lui e non ha perso la capacità di intuire anche quello che le si vorrebbe tener nascosto, ma nel suo sguardo cominciano ad affiorare a poco a poco ricordi confusi e brandelli di segreti custoditi tenacemente per più di mezzo secolo. A smuovere ulteriormente le acque torbide, insieme alla bellissima Irina, spregiudicata e intraprendente, arriva all'improvviso Dante, figlio di una ex compagna di collegio della zia. E c'è chi sospetta oscuri moventi. Quanto più la storia si apre a inattesi sviluppi nel presente, tanto più il passato viene folgorato da una nuova luce e il mistero che nascondeva si dischiude lentamente con la forza di una grande storia d'amore.
Sicilia, 1963. Maria Rosalia Inzerillo, più conosciuta come la "Mennulara" (la raccoglitrice di mandorle), è morta. Domestica della famiglia Alfallipe e amministratrice del suo patrimonio, la Mennulara è però soprattutto un mistero per la popolazione del paese. Tutti ne parlano perché si favoleggia sulla ricchezza che avrebbe accumulato, forse favorita dalle relazioni con la mafia locale. Tutti ne parlano perchè sanno e non sanno, perché c'è chi la odia e la maledice e chi la ricorda con gratitudine. Senza di lei Orazio Alfallipe avrebbe dissipato proprietà e rendite. Senza di lei Adriana Alfallipe, una volta morto il marito, sarebbe rimasta sola in un palazzo enorme. Senza di lei i figli di Adriana e Orazio sarebbero cresciuti senza futuro.