"La vita di Antonio di Atanasio di Alessandria, oltre a costituire la biografia più attendibile di questo grande santo ed essere riconosciuta come uno dei primi documenti estesi sulla vita eremitica sviluppatasi in Egitto a partire dal terzo secolo, è un'analisi affascinante della mente umana, del nostro modo di pensare, di sentire e di agire. Atanasio ci fa scoprire un uomo che si ritira in maniera sempre più radicale dalla vita ordinaria per esplorare i suoi moti interiori, luci ed ombre, per conoscere e per superare tutto ciò che crea distanza e separazione nella relazione con dio, con sé stesso e con gli uomini. È il paradosso dell'eremita che si ritira nella solitudine del deserto per essere maggiormente in relazione con Dio e con il mondo, ma anche con i propri demoni e la propria ombra, cioè con la sua realtà in quanto essere umano, un fragile vaso di creta capace di ospitare la presenza della luce divina." (dalla prefazione di Axel Bayer)
Nel nostro tempo la crisi dell'umano diventa la rivelazione più tangibile e toccante dell'esclusione di Dio dall'orizzonte della vita e della storia. Con questa crisi anche i presbiteri devono fare i conti: e se talora si estremizza in comportamenti devianti o rinunciatari, essa può rappresentare uno straordinario luogo di irruzione della Grazia di Dio che trasforma, rigenera e trasfonde nuova gioia. Nato da un cammino di Esercizi Spirituali, il testo, seguendo la traccia della Lettera agli Ebrei, identifica tale gioia nella riscoperta dell'umanità sacerdotale. "Prima di tutto un uomo": debole per le ferite e grande nel ministero, padre e figlio, fratello e sposo, incarnato nel tempo e spalancato all'eternità. Uomo che sembra raccogliere il grido di Agostino a chiunque cerchi quel Dio che neppure i presbiteri troveranno mai abbastanza: "Non uscire da te, entra in te stesso: è nella tua umanità che abita la verità".
Ha ancora senso, nel XXI secolo, parlare di veste sacerdotale? Sono sempre di più gli ecclesiastici e i religiosi, donne e uomini, che a tutti i livelli si "spogliano" dei vestiti propri della loro condizione e si presentano al mondo in abiti civili per avvicinare con più facilità le persone, senza alcun segno distintivo. In fondo si pensa che l'abito non sia importante, che non identifichi il buon sacerdote. Ma è proprio vero? In questo libro l'Autore, un prete, intraprende un viaggio alla ricerca delle origini e delle motivazioni più profonde dell'utilizzo delle vesti sacerdotali, dal suo significato antropologico alle norme canoniche che ne regolano l'uso. Solo così sarà possibile riscoprire che la propria identità passa anche da ciò che si indossa. Prefazione del card. Angelo Bagnasco.