L'anno C del ciclo triennale del lezionario festivo romano privilegia il vangelo di Luca, le cui figure sono note e care. Zaccheo era ormai rassegnato ad assistere come spettatore estraneo al passaggio rapido di Gesù per le strade di Gerico. Già quella città pareva per se stessa destinata ad essere sempre e solo città di passaggio; lui poi, pubblicano, era straniero anche in una città. Con sua grande sorpresa Gesù lo invitò a scendere dall'albero e ad accoglierlo in casa; scese in fretta, tutto contento, e si senti dire che non si trattava soltanto di un rapido passaggio; in quel giorno entrava in casa sua la salvezza; anche lui era figlio di Abramo. Marta era amica di Gesù; accoglierlo in casa doveva essere per lei cosa meno straordinaria; e tuttavia rimaneva evento che le dava molto da fare e la metteva in grande agitazione; Gesù la incoraggiò a fermarsi. Il figlio prodigo della parabola si decise alla fine a tornare a casa dal padre, ma soltanto come un servo, come estraneo dunque; si vide accolto come un figlio, con gran festa. In molti modi il vangelo di Luca, il vangelo della misericordia, ci incoraggia a contare sulla dimestichezza con il Signore Gesù. Appunto tale messaggio le presenti omelie cercano di rendere familiare.
L'anno B del ciclo triennale del lezionario festivo privilegia il vangelo di Marco, il più breve dei quattro. La brevità del secondo vangelo è da riferire alla scarsità delle parole; gli insegnamenti di Gesù sono riferiti con parsimonia; egli si manifesta soprattutto attraverso i gesti. Si manifesta, ma anche si nasconde; dagli studiosi il vangelo è associato al "segreto messianico": con grande insistenza Gesù raccomanda a coloro che sono spettatori dei suoi gesti sorprendenti di tacere; così anche con i propri discepoli, specie con i tre che portò con sé sul mon-te e che furono testimoni della sua trasfigurazione. Per favorire il segreto - così pare - Gesù mostra una trasparente fretta, che gli impedisce di indulgere al desiderio di tutti di trattenerlo. Fin dalla prima giornata del ministero pubblico, a Cafarnao, emerge una tensione tra Gesù che fugge e la folla che, complici i discepoli, cerca di trattenerlo. Appunto questo è il registro di fondo che segna le stesse omelie proposte per quest'anno; esse sollecitano ad affrettare il cammino verso un altrove, che sempre da capo pare sfuggire.
Non si tratta di un optional; perfetto è il massimo, ma è anche il minimo: "Siate perfetti, come perfetto è il Padre vostro". Il giovane sa bene che la pratica della legge non basta a tacitare il sentimento inquieto che lo agita e gli suggerisce di interrogare Gesù: "Che cosa mi manca?". La sequela non è un di più rispetto alla legge; è invece la condizione per giungere alla sua comprensione vera e rimediare così alla sua apparente marginalità. Finché appaia soltanto come un recinto, la legge è fraintesa, e non può dare una forma alla vita tutta. Gesù è venuto non per abolire la legge, ma per portarla a compimento, e così scriverla nei cuori. Le omelie qui proposte su Matteo intendono accompagnare quella pratica assidua della sequela del maestro, che sola consente di giungere alla comprensione perfetta della legge e di riconoscere come la sua pratica possa rendere perfetta la vita stessa.