Il Cinquecento è il secolo in cui all'arte viene riconosciuta, a pieno diritto, una forma di potere, e in cui l'artista può, nel momento stesso in cui soddisfa le richieste dei suoi potenti committenti, interrogarsi sui fini delle proprie opere e della propria pratica artistica. Daniel Arasse illustra le condizioni storiche che portarono all'affermazione delle personalità artistiche, mostrando insieme come il loro «genio» abbia potuto a sua volta influire sulle condizioni che consentirono le loro creazioni. Seguendo da vicino le variazioni dello stile moderno e l'espressione della «maniera» individuale dell'artista, Arasse disegna, sul filo dell'analisi, una sorta di ritratto in perpetua trasformazione dell'arte del Cinquecento. Le deviazioni, e perfino le devianze, spesso anch'esse geniali, dei discepoli vengono analizzate come altrettanti contributi per l'interpretazione dei maestri, anzitutto Michelangelo (con la sua terribilità) e Raffaello (che incarna la raffinatezza della grazia); metterli in prospettiva, al di là dell'interesse dell'analisi in sé, significa seguire il principio di una più reale comprensione della storia, che si serve del dettaglio - punto di condensazione dell'intero dipinto - come strumento di precisione.
Daniel Arasse ha sempre privilegiato un efficace approccio critico all'iconografia e alla storia dell'arte fondato su una modalità di esercizio particolare dello sguardo, in costante ricerca degli intimi significati artistici delle opere e delle motivazioni profonde che le hanno generate. Questo libro, uno dei primi dell'autore, ricostruisce «ciò che gli uomini del XIV e del XV secolo cercavano attraverso le immagini» e offre al lettore un doppio punto di vista, sempre oscillante tra la nozione di individualità e quella di scuola, in grado di restituire per intero la ricchezza e la complessa evoluzione di due secoli di pittura. Arasse sottolinea l'originalità e la varietà degli esperimenti locali, da affiancare al modello toscano, ed elabora gradualmente il profilo dei primitivi non solo come precursori ma anche come «altri» del moderno. Giotto, Masolino, Paolo Uccello, Masaccio, Piero della Francesca, Foppa, Botticelli, Mantegna, Pinturicchio, Antonello da Messina... tutti i principali artisti che operarono in Italia nel Trecento e nel Quattrocento misero a punto nelle loro opere «una nuova formula di figurazione del mondo e dell'uomo, fondata su una coscienza progressiva delle proprie dimensioni storiche e che talvolta si configura come un appello a farsi carico della storia nel suo insieme».
Con l'entusiasmo, l'audacia e l'erudizione che lo distinguono, Daniel Arasse invita il lettore a una carrellata sulla storia della pittura lunga sei secoli, dall'invenzione della prospettiva sino alla scomparsa della figura. Evocando sia le grandi tematiche - la prospettiva, l'Annunciazione, il dettaglio, le fortune e le sfortune dell'anacronismo, il restauro e le condizioni di visibilità e di esposizione - sia quadri e pittori particolari, Arasse fa rivivere con intelligenza e fervore diversi momenti chiave della storia dell'arte: il Rinascimento italiano, il manierismo, Vermeer, Ingres, Manet. La sua analisi si nutre di esempi concreti - La Madonna Sistina di Raffaello, La Gioconda, la Camera degli sposi di Mantegna, Il chiavistello di Fragonard - e si conclude toccando alcuni aspetti dell'arte contemporanea. Il lettore ritroverà il gusto di vedere con occhi nuovi celebri momenti della pittura, grazie a un approccio sensibile e aperto. Prefazioni di Bernard Comment e Catherine Bérard.