L'immagine dell'apostolo Giovanni, il discepolo dell'amore, che nel Cenacolo reclina il capo sul petto di Cristo, è forse quella che meglio descrive il compito di ogni discepolo del Signore. Se il sacerdote vuole essere un "uomo per gli altri", non deve dimenticare che lui appartiene prima di tutto a Cristo. Egli è nato nel Cenacolo, quando il Signore, spezzando il pane e benedicendo il vino dell'Ultima Cena con i suoi discepoli, anticipava con quei segni la sua offerta d'amore sull'altare della Croce. Ogni sacerdote non deve dimenticare che il suo "destino" è unito in modo imperscrutabile allo stesso "destino" del suo Maestro. Egli è stato chiamato ad essere anche ministro dell'Eucaristia in mezzo ai suoi fratelli ripresentando prima di tutto Cristo nella sua vita: non è forse questo che rende "bella" la vicenda di ogni sacerdote? Non è forse questo che rende esaltante il desiderio di donare completamente la propria vita nel servizio ai fratelli, come ha fatto Gesù?
Se di una povertà oggi il nostro mondo soffre, è quella di non essere cosciente di essere povero di domande essenziali. Il pensatore se ha una missione, è quella di aiutare a domandare, a portare cioè l'uomo a far affiorare alla coscienza le domande di sempre, quelle sul senso della propria vita, sul destino del mondo, sul fine della storia, sul presente, sull'avvenire, sull'aldilà. Cercare itinerari, aprire la mente (e perché non anche il cuore) alla possibilità che la risposta possa esserci data se cerchiamo in modo autentico, è il compito di ciascun uomo, quanto più di un pensatore credente. Insieme, credenti e non credenti possono stare "sulla soglia", lì dove la risposta cercata può essere invocata e attinta in un Altro. La ragione da sola non può nulla ed è debole se non è illuminata e sostenuta dalla fede. Anche il non credente allora può provare a schiudere le sue domande sul Novum che sorprende e che ci viene incontro come Donum.