La cristianità orientale ha sempre riconosciuto alla liturgia la capacità di custodire tutto l’essenziale della nostra fede. I tropari, brevi inni poetici, introdotti nella liturgia bizantina nel corso dei secoli, sono esempio di questa sintesi di alto contenuto teologico, ricchezza spirituale e ricerca di una bellezza poetica che esprima la contemplazione. In essi troviamo espressa la fede dei padri della chiesa, con il loro approccio alla Scrittura e l’abbeverarsi alla sapienza dei primi concili. Queste preghiere, cantate nella liturgia con musiche di rara bellezza, vengono qui presentate divise secondo vari temi legati alle feste dell’anno liturgico, ai santi, al contenuto, perché anche il lettore occidentale possa accedere alle grandi ricchezze in essi contenute.
“Venite, ascendiamo al monte santo,
con fede contempliamo
la luminosissima trasfigurazione del Signore,
adorandolo con fede e dicendo:
Tu solo sei nostro Dio,
tu che ti sei incarnato
e hai deificato il genere umano”.
˛ˇ D u r a n t e i l v i i s e c o l o d e l l a n o s t r a e r a u n a n u o v a e n t i t ‡ p o l i t i c a e r e l i g i o s a , l I s l a m , s i a f f a c c i a s u l l a s c e n a d e l M e d i o o r i e n t e , c u l l a d e l l a f e d e c r i s t i a n a . N e l l a c a p i t a l e o m a y y a d e d i D a m a s c o , q u i n d i o r m a i a l d i f u o r i d e i c o n f i n i d e l l i m p e r o c r i s t i a n o , n a s c e G i o v a n n i D a m a s c e n o , n o t o a n c h e c o m e I b n M a n c ˚ r , u n g r e c o i n u n c o n t e s t o a r a b o , o u n a r a b o d i c u l t u r a g r e c a , p r i m a f u n z i o n a r i o a l l a c o r t e c a l i f f a l e e p o i m o n a c o n e l m o n a s t e r o d i S a n S a b a i n P a l e s t i n a . N e l l a c r i s i d e l s u o t e m p o , e d i f r o n t e a l l a l t r o c h e e m e r g e , G i o v a n n i e l a b o r a u n a s i n t e s i d i t e o l o g i a o r t o d o s s a t r a l e p i ˘ e f f i c a c i , c a n t a l a s u a f e d e c o m p o n e n d o u n r i c c o r e p e r t o r i o i n n o g r a f i c o , d i f e n d e l a l e g i t t i m i t ‡ d e l l e i c o n e . T u t t o q u e s t o p e r Ú s e n z a e s i m e r s i d a l c o n f r o n t o c o n q u e l n u o v o , l I s l a m , c h e e g l i t e n t a d i c o m p r e n d e r e . A l u i e a l l a s u a e p o c a c o s Ï c r u c i a l e e , p e r m o l t i v e r s i , a n c o r a c o s Ï a t t u a l e , Ë s t a t a d e d i c a t a l a s e s s i o n e b i z a n t i n a d e l X I I I C o n v e g n o e c u m e n i c o i n t e r n a z i o n a l e d i B o s e d i c u i p r e s e n t i a m o q u i g l i a t t i .
I testi più belli della spiritualità cristiana
Il fine della vita cristiana, in qualunque stato sia vissuta, è la deificazione, il pieno compimento dell’immagine-somiglianza con Dio che è stata posta nell’uomo con la creazione. La Filocalia – termine greco che letteralmente significa “amore per ciò che è bello”, e quindi in senso più specifico indica l’amore per Dio e per tutto ciò che a lui conduce – vuole proporre a tutti i cristiani quella ricerca spirituale che al tempo della sua prima edizione (nell’ultimo quarto del xviii secolo) era confinata nei monasteri: non esistono, infatti, due spiritualità distinte per monaci e per laici. In oltre mille pagine sono raccolti testi di poco più di una trentina di autori dal iv al xv secolo disposti in ordine cronologico, che trattano della preghiera del cuore e della lotta spirituale nel solco della tradizione esicasta. Ottenne il massimo apprezzamento in occidente nella seconda metà del secolo scorso, anche grazie al successo editoriale dei Racconti di un pellegrino russo.
Nicodemo († 1809), monaco del Monte Athos, e Macario († 1805), arcivescovo di Corinto, perseguirono il loro ideale di ritorno a una vita spirituale più autentica intraprendendo un lavoro di riscoperta e divulgazione delle fonti patristiche. In un tempo di grandi controversie e in un mondo che sentiva l’urgenza del rinnovamento spirituale e intellettuale, Nicodemo e Macario curarono l’edizione della Filocalia, un’antologia di testi ascetici e spirituali provenienti da differenti aree geografiche oltre che da varie chiese: un’opera che espone l’arte della preghiera sinfonizzando voci diverse, ma sempre basandosi sulla tradizione dei padri. La presente scelta suddivisa per tematiche intende offrire ai cristiani del nostro tempo i tesori della tradizione spirituale orientale, nella convinzione che gli strumenti della lotta interiore si ripropongono a ogni fase dell’avventura cristiana e che sempre risuona l’invito alla conversione, per ricordarci che l’essenziale è lasciare che il Signore faccia di noi un evangelo vivente.
“L’ambone, luogo della lettura delle Scritture, appartiene in modo privilegiato alla rivelazione giudeo-cristiana: a differenza dell’altare, esso non ha alcun debito da riconoscere alle religioni. Il cristianesimo e la sua liturgia custodiscono in sé, fin dalla loro origine, questo radicale rapporto con la parola di Dio: l’eucaristia dei cristiani è da sempre stata costitutivamente formata da due elementi fondamentali, la lettura delle Scritture e l’azione di grazie sui doni. Non vi è mai stata tavola del pane e del vino senza la tavola della Parola” (Enzo Bianchi).
Dopo secoli di oblio, il ritorno dell’ambone all’interno dello spazio liturgico corrisponde alla “riscoperta”, avvenuta con il concilio Vaticano II, del posto occupato della parola di Dio nella vita della chiesa. Il presente volume raccoglie le riflessioni di teologi, liturgisti, storici dell’arte e architetti sul significato, la funzione e la concreta realizzazione dell’ambone, presentate nel III Convegno liturgico internazionale di Bose, promosso dal Monastero di Bose in collaborazione con l’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Cei.
Una tradizione cristiana e monastica millenaria, custodita da una penisola del mar Egeo: questo è innanzitutto la santa montagna dell’Athos, ancor oggi sinonimo di vita spirituale e di ricerca di santità. Da quando vi si ritirarono i primi cercatori di Dio, nella solitudine, seguiti dal fondatore del primo cenobio, Atanasio della Grande Lavra, questo lembo di terra ha continuato ad attirare cristiani provenienti dalle regioni più lontane, divenendo luogo di incontro di tradizioni diverse e testimone dell’essenziale che tutti accomuna: la ricerca del volto di Dio. Cristiani provenienti dai paesi tradizionalmente ortodossi, come georgiani, serbi, bulgari, romeni e russi si sono uniti ai monaci greci e hanno trovato sulla santa montagna un luogo comune in cui innalzare a Dio un’unica, polifonica preghiera. E a questo coro hanno voluto unirsi anche i latini che, per almeno tre secoli, hanno contribuito a questa multiforme bellezza. Il XII Convegno ecumenico internazionale di Bose di cui presentiamo gli atti ha voluto, a circa mille anni dalla morte di Atanasio, rimeditare la ricca tradizione athonita, per riascoltarne il messaggio sempre attuale.
L’altare è anzitutto “mistero di presenza”:
presenza di Dio in mezzo al suo popolo
presenza del popolo radunato di fronte al suo Dio
“Interrogarsi sul senso e il valore dell’altare significa anzitutto intelligere, leggere in profondità ciò che uno dei simboli maggiori della nostra fede esprime. Per questo l’altare è anzitutto “mistero di presenza”: della simultanea presenza di Dio in mezzo al suo popolo e della presenza del popolo radunato di fronte al suo Dio. Ma anche “opera dell’arte”; non opera d’arte, ovvero opera asservita all’espressione artistica, ma dell’arte, opera dove l’arte si pone a servizio e nella sua forma più alta si fa serva dell’opera” (Enzo Bianchi).
Primo atto di una serie di pubblicazioni che affronteranno gli elementi principali dello spazio liturgico all’interno del rapporto liturgia, architettura e arte, sono qui raccolte e offerte a un più vasto pubblico le riflessioni sul significato teologico, estetico, poetico e artistico dell’altare cristiano, oggetto del II Convegno liturgico internazionale di Bose, promosso dal Monastero di Bose in collaborazione con l’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Cei.
“Il sole che sorge
ti veda sempre con un libro in mano”
(Evagrio Pontico)
Volti e parole dei padri della chiesa d’oriente e d’occidente sull’esperienza della lettura e sull’universo dei libri, raccolti e proposti affinché ciascuno possa dare spessore, consistenza, importanza diversa a quei nomi ordinati, li colleghi a un volto e a sentimenti precisi, li metta in relazione tra loro, spaziando dall’uno all’altro con la dimestichezza e la familiarità di chi si sente tra amici. Si è cercato di dar voce all’amore per i libri, la lettura e la scrittura che animava i cristiani dei primi secoli e che, come ogni autentico amore, non restava confinato nell’angusto spazio di una pagina ma si dilatava verso ogni creatura, divenendo amore cosmico. A ogni lettore l’invito a muoversi con libertà all’interno di questa compagnia umana e l’augurio che il suo cuore si apra su quel libro della vita che l’umanità nel suo insieme non cessa mai di scrivere.
Il concilio della chiesa ortodossa russa, celebrato a Mosca tra il 1917 e il 1918 con la partecipazione di tutte le componenti ecclesiali, fu “uno degli eventi più importanti della chiesa russa nel xx secolo”, come si è espresso il patriarca di Mosca Aleksij II nel messaggio all’XI Convegno ecumenico internazionale di Bose, di cui il presente volume raccoglie gli atti. Vero e proprio “spartiacque epocale” tra il crollo dello zarismo e l’epoca delle persecuzioni, il concilio di Mosca rappresenta un momento di sintesi della tradizione, una fonte d’ispirazione per le chiese nella ricerca di vie nuove di dialogo e di risposte comuni alle sfide del mondo contemporaneo. I migliori specialisti ci offrono qui la presentazione, basata su documenti d’archivio, del ricco e incompiuto dibattito conciliare, la storia della ricezione del concilio e una riflessione teologica a più voci sulla conciliarità quale può essere vissuta oggi nelle chiese.
“Non dite che è impossibile ricevere lo Spirito divino.
Non dite che degli uomini
non possono vedere una luce divina.
Mai questo può essere impossibile”
Vivere il deserto dell’esperienza monastica al cuore della città può sembrare paradossale a chi associa al termine monachesimo le aspre immagini del deserto egiziano, siriano e mesopotamico, o gli anfratti della penisola athonita. Ma una tale esperienza di deserto al cuore della città – della grande città di Costantinopoli – è quanto hanno vissuto generazioni di padri del monachesimo orientale, da Teodoro Studita, a Paolo Everghetinos a Simeone il Nuovo Teologo. È a questa esperienza così singolare e in particolare alla figura di Simeone il Nuovo Teologo che è stato dedicato il Convegno ecumenico internazionale di cui questo volume contiene gli atti. Dai contributi che cercano di illustrare il contesto, il pensiero e l’irradiamento di un autore così originale come il Nuovo Teologo – solo recentissimamente riscoperto – emerge un’esperienza spirituale di un’intensità tale da persuadere chiunque che, nei remoti deserti come là dove si affolla la vita degli uomini, è possibile vivere il Vangelo all’unica condizione di mettere in gioco il proprio cuore.
Oggi non si può vivere pienamente
il dono della santità
se non in modo ecumenico.
È il medesimo Spirito
che fa maturare i distinti carismi
e fa sprigionare l'unità profonda
La santità, nella sua accezione più comune, indica separazione, alterità, distanza. Tale è il significato che la Scrittura attribuisce al termine parlando del Dio “tre volte santo”. Ma si tratta di una differenza – è ancora la Scrittura a rivelarlo – che non esclude, ma che anzi si fa nuova via di comunione. Dio è santo, ma la sua santità diventa luogo di incontro con l’uomo; vi sono uomini santi, ma quella loro differenza – riflesso dell’unica santità di Dio – si manifesta in una smisurata compassione per tutta la creazione. La santità cristiana è infatti manifestazione dello Spirito santo e partecipazione dell’uomo alle sue energie; e lo Spirito santo è Spirito di comunione e non di divisione. I contributi qui riuniti – redatti da teologi d’oriente e d’occidente per il V Simposio intercristiano – rendono conto di questa realtà: la santità non ha confini e non erige steccati; non separa il divino dall’umano, né gli uomini o le chiese tra di loro. Anzi, quando è autentica, la santità appare come potenza di comunione, potenza dell’unico Spirito che è santo.
In questo volume sono pubblicati, a cura di Paolino Zilio e Luisa Borgese, gli atti del V Simposio intercristiano, tenutosi ad Assisi, dal 5 all’8 settembre 1997. Il Simposio intercristiano fra alcuni docenti della Facoltà teologica dell'Università “Aristotele” di Tessalonica e dell’Istituto Francescano di spiritualità dell'ateneo Antonianum di Roma è nato come forum di interscambio sulla vita spirituale delle due tradizioni cristiane: occidentale latino-cattolica, orientale greco-ortodossa.
L’appassionante avventura spirituale
dei monaci di Optina,
tra silenzioso ascolto dello Spirito
e laborioso dialogo con la società contemporanea
La ricerca assidua dell’intimità con Dio nella solitudine conduce a volte alla fioritura di una comunità di fratelli in dialogo con le attese e le domande degli uomini. Un simile incontro tra storia e spiritualità ha caratterizzato nel xix secolo l’esperienza del monastero della Presentazione della Vergine al Tempio di Optina, nella provincia russa di Kaluga. Quasi tutti i grandi protagonisti della cultura russa moderna, da Kireevskij a Gogol’, da Tolstoj a Dostoevskij, da Solov’ev a Florenskij, hanno sostato presso le mura di questo monastero. I saggi del volume, presentati al Convegno ecumenico internazionale dedicato a Optina, ripercorrono la genesi di questa appassionante avventura umana e spirituale, fino al tragico epilogo in epoca sovietica e alla rinascita degli ultimi anni. Gli starcy di Optina seppero raggiungere un equilibrio tra desiderio di Dio e amore della terra, particolarmente eloquente per l’inquieta ricerca di senso dell’uomo contemporaneo. Un equilibrio che richiede un’attenzione e una vigilanza continue, ma soprattutto fede e speranza: in Dio, ma anche negli uomini.
Ordiniamo che la carità della vita comune sia custodita con tutte le forze, e che di giorno in giorno essa si rafforzi nei fratelli.
Nel 1313, in una zona appartata presso Siena di proprietà della famiglia dei Tolomei, Accona, trovò inizio una piccola comunità di fratelli, composta, secondo le più antiche Cronache, da Giovanni Tolomei e da alcuni suoi compagni. Da tale piccola comunità, dopo un primo tempo di vita comune e poi di vita solitaria, sorse il monastero di Santa Maria di Monte Oliveto; e in seguito, attraverso lo svolgersi del tempo e degli eventi, si sviluppò, fino ad assumere una precisa configurazione all’interno della chiesa, la Congregazione benedettina dei monaci Olivetani. Il presente lavoro si propone di evidenziare gli eventi e i testi che hanno contrassegnato la vicenda dei primi padri olivetani, il cui messaggio ci raggiunge ancora oggi come parola che interpella la qualità del nostro pensare, del nostro agire, del nostro amare, e che, nella sua radicalità evangelica, traccia anche per noi la via per una sempre rinnovata fedeltà.