Hanno scritto in questo numero:
L. Alici / A. Anzani / E. L. Bartolini de Angeli / C. Belloni / G. Benzoni
G. Bottoni / F. Castelli / C. Danani / F. De Giorgi / I. De Sandre / U.G.G. Derungs
I. Lizzola / M. Marinelli / M. Naro / E. Peyretti / M. Scocco / E. Zerbini
Serie terza - Anno cinquantaduesimo - settembre / ottobre 2018
Oggi l'identità è un problema; Giorgio Gaber l'avrebbe messa fra le cose di destra, come il bagno nella vasca, o di sinistra, come la doccia? Certo può essere un momento di carica emotiva violenta, in reazione alla perdita di certezze, che è dissoluzione delle strutture culturali. Ma non esiste una cultura "chiusa"; storicamente ogni cultura si incontra con altre; in più viviamo in una società aperta, fatta di vari gruppi, ciascuno dei quali produce identità, senza bisogno di radicalizzazioni. I movimenti "autoctoni" fanno dell'identità una bandiera da usare dalla parte del manico. A di là di battute nostrane, parlare di identità significa mettere in discussione molti paradossi del nostro tempo, dal
versante individuale della coscienza, alla rimozione di quello sociale della cultura, attraverso una vera e propria "apocalissi culturale". Così il termine di identità è diventato un "tabù" perché evoca distruzione e violenza; noi facciamo finta di non sapere "chi siamo" e ignoriamo "da dove veniamo", mentre qualcuno profetizza "dove andiamo", alla ricerca di una improbabile, totale palingenesi. Papà Freud avrebbe trovato abbondante materia di studio. Il problema resta la "domanda di senso" fondamentale sull'uomo e il suo destino; è questo il discrimine dell'identità, attraverso cui ciascuno entra in una "visione del mondo", che fonda un "sistema di valori", dove il campo dell'identità si apre e, con esso, l'istanza morale. Ovviamente non si tratta di una questione individuale e ciò rappresenta un altro momento di crisi per la modernità. L'identità personale continua ad avere senso solo all'interno di una comunità che dà senso, riconoscendo il singolo e mettendo in gioco la sua capacità e responsabilità. Il fenomeno oggi va sotto il nome di "intercultura": ogni cultura è già in sé "interculturale", sempre aperta al confronto con la realtà storica che la circonda e all'ibridazione con altre letture del mondo.
Il "prezzo della libertà" dice, da un lato, la qualità della libertà pagata così cara da Gesù Cristo e dagli innumerevoli martiri per essa, e, dall'altro, che, lungi dall'essere un privilegio, è un requisito antropologico fondamentale che però si radica nella giustizia e nell'amore coltivati con vigilanza e intelligenza.
La crisi del cristianesimo, prodottasi nell'impatto con la cultura moderna, puo' rivelarsi un'occasione per riscoprire lo spirito liberante del vangelo, oltre lo schermo di irrigidite interpretazioni della tradizione. È questo l'assunto e l'orizzonte delle stimolanti interviste con quattro insigni protagonisti della ricerca filosofica, teologica e psicologica contemporanea, proposte da questo volume. La crisi della ragione e la ripresa di interesse per il sacro; la secolarizzazione e il dialogo con le religioni non cristiane; gli orizzonti della mistica e le suggestioni dell'arte; il rapporto tra psicologia e religione, il senso del mistero e dell'attesa.