L'Italia è il paese del sole e del vento, perché allora dipende così tanto dalle fonti fossili, che paga a caro prezzo in periodi di crisi come questo? È come se un paese ricchissimo di mari e bacini di pesca invece di investire in pescherecci e canne da pesca si ostinasse a importare il pesce a carissimo prezzo dall'estero. Se la Norvegia è arrivata al 66% di energia da fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico), perché noi siamo appena al 16%? Non solo abbiamo il bisogno di produrre energia senza emettere sostanze inquinanti e gas che alterano il clima, ma dobbiamo anche sprecarla il meno possibile. Accompagnare l'elettrificazione dei consumi, là dove possibile, con la produzione da fonti rinnovabili è la via maestra per lo sviluppo sostenibile, economico, ambientale e sociale. Le sofferenze insegnano, amava ricordare lo storico greco Erodoto, e purtroppo l'umanità sembra aver bisogno della pedagogia delle catastrofi. Già prima dell'invasione dell'Ucraina sapevamo che le fonti rinnovabili erano il futuro per almeno tre motivi fondamentali: la riduzione dell'inquinamento dell'aria e quindi la salute, la riduzione delle emissioni e quindi la lotta al riscaldamento globale, e la convenienza di prezzo.
Il pendolo della nostra vita quotidiana di ricchi occidentali oscilla di continuo tra due opposti: da un lato, il timore per l'avanzata economica di colossi inarrestabili come la Cina e l'India, dall'altro, la necessità e l'imperativo morale di sostenere lo sviluppo dei Sud del mondo. In mezzo, resta fermo il nostro dubbio che l'economia sia un po' come il poker, un gioco a somma zero, in cui alle vincite altrui corrispondono necessariamente le perdite proprie, sicché la creazione di valore non può che comportare uno sfruttamento. In queste pagine, scopriamo invece che una felicità sostenibile è possibile anche, e anzi soprattutto, in questo nostro mondo globalizzato.