Mai come alla fine del '500 il fenomeno del banditismo assunse proporzioni così imponenti da contrapporsi al Papato, alla Spagna e al Granducato di Toscana e da divenire strumento di ricatto nella politica internazionale. In questi tempi di inevitabili spietatezze, spicca la figura di Alfonso Piccolomini, duca di altissimo lignaggio, pronipote del coltissimo Papa Pio II. Questo libro narra la vicenda umana, sentimentale e pubblica del Piccolomini, il quale si trasformò in un protagonista temibile e implacabile di una lotta senza quartiere; un eroe da romanzo di cappa e spada, amato dal popolo e temuto dal granduca di Toscana, Francesco I de' Medici. Un libro che narra di amicizie tradite, di alleanze improbabili e di segreti inconfessabili. Quante sincere menzogne si possono annidare nell'animo umano?
Si tratta di un piccolo spaccato di storia "vera" che aiuta a capire come nella vita di ognuno possa avvenire un repentino mutamento del destino da capovolgere il percorso di un'intera esistenza. La vicenda di Santi di Cascese colpì molto l'immaginazione dell'epoca e forse potrebbe colpire anche oggi la fantasia dei giovani e meno giovani. Santi di Cascese era nato a Poppi e stava imparando l'arte della lana a Firenze presso la corporazione dei lanaioli sotto la tutela dello zio Antonio, essendo rimasto orfano, quando, inaspettatamente, gli fu comunicato dalla delegazione giunta da Bologna che non era figlio di Agnolo di Cascese, bensì figlio illegittimo di Ercole Bentivoglio. Santi aveva circa 21 anni. Con istanza ufficiale i bolognesi gli chiesero di assumere il comando di Bologna per preservare dalla fine la famiglia Bentivoglio, minacciata dalla fazione avversa dei Canetoli. I cronisti dell'epoca riferiscono che Santi "molto se ne meravigliò" e cadde in preda a una notevole agitazione. L'incontro con il grande Cosimo de' Medici che aveva allora la più alta autorità su Firenze, fu decisivo. Lo racconta Niccolò Machiavelli...