Si può ancora parlare di dialogo islamo-cristiano dopo "l'orrore assoluto dell'11 settembre 2001" che ha visto le due torri gemelle di New York crollare con migliaia di vittime innocenti? Nell'Europa occidentale l'esigenza di laicità democratica in società pluralistiche, da una parte, e la volontà di visibilità dei musulmani immigrati raggruppati in associazioni o federazioni, dall'altra, pongono nuovi interrogativi nell'opinione pubblica e nelle comunità cristiane. Si tratta ormai di organizzare il "vivere insieme" nella "casa comune" di questo pianeta secondo i valori fondanti delle religioni che riconoscono al Creatore un disegno di bontà e di amore per tutte le sue creature. Questo disegno richiede, da parte dei cristiani, come dei musulmani e degli ebrei, in quanto credenti, una risposta generosa, un'adesione intelligente e un impegno di collaborazione tra tutti gli esseri umani. (Dalla Postfazione dell'autore) Padre Maurice Borrmans, della Società dei Missionari d'Africa (Padri Bianchi), ha dedicato tutta la sua vita allo studio, all'insegnamento e all'attività pastorale in favore del dialogo islamocristiano. Con questa pubblicazione, l'Urbaniana University Press e l'Istituto di Ricerca della non Credenza e delle Culture (ISA) celebrano la consegna a Padre Maurice Borrmans della laurea honoris causa in Missiologia, Facoltà della Pontificia Università Urbaniana.
La lunga e sofferta storia delle relazioni tra cristiani e musulmani ha conosciuto tappe difficili. In epoca recente la promulgazione della Dichiarazione conciliare Nostra aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane è apparsa agli occhi di molti come una felice sorpresa.
Se il testo della Dichiarazione riflette un nuovo modo di apprezzare la fede dei musulmani e di valutare positivamente i contenuti dell’Islam, cioè è dovuto anche agli scritti e all’attività di alcuni cristiani d’avanguardia. Tra di loro emergono i profili di quattro “precursori”: Louis Massignon, Jean-Mohammed Abd el-Jalil, Louis Gardet e Georges Anawati. Essi hanno voluto superare i «non pochi dissensi e inimicizie sorti tra cristiani e musulmani nel corso dei secoli», sforzandosi di esercitare sinceramente la mutua comprensione» giacché erano tutti impegnati «a difendere e promuovere insieme (ai musulmani), per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà».
Chi è don Andrea Santoro? Sono passati tre anni dalla sua morte. Dopo l’emozione del suo assassinio, il suo nome e la sua testimonianza possono andare dimenticati. Non era un accademico, ma la sua visione fu assai lucida in un tempo ritenuto di ‘scontro tra civiltà’, tra Oriente e Occidente, tra questo e l’Islam. Ma egli, nel 2005, convinto scriveva: «Io credo che ognuno di noi, dentro di sé, possa diminuire la lontananza tra questi due mondi».
Con la sua presenza-testimonianza, don Andrea, vivendo tra i turchi come loro amico, ha avvicinato, già in se stesso, mondi differenti. Confermano la fecondità dell’impulso cristiano e della disponibilità musulmana a radicare nelle coscienze il dialogo interreligioso i saggi contenuti nel presente volume. Vi si possono infatti leggere suggestivi interventi di autorevoli esponenti delle culture cristiana e islamica.