Il difficile rapporto con il cibo, la possibilità di apprezzarlo senza diventarne schiavi, e il digiuno come via di ascesi.
Evagrio non è solo un autore difficile, ma è anche, soprattutto quando si tratta della sua teologia nell’accezione in cui egli stesso intende questo termine, cioè nel senso di una teologia mistica, un autore di una profondità immensa. Per quanto riguarda il commento spirituale del trattato, ossia un commento che cerca di interpretare Evagrío tramite Evagrío, navighiamo sempre in alto mare senza intravedere ancora la terraferma. Ognuno dei 153 “capitoli” del trattato è paragonabile ad una pietra estremamente preziosa con molteplici sfaccettature. L’apparente semplicità di alcuni capitoli è ingannevole. Per il lettore più esigente ogni capitolo si rivela così come un piccolo capolavoro da meditarsi a sé, il cui significato completo, però, si dischiude solo nel suo contesto. In fondo si dovrebbe pesare ogni parola, giacche’ nessuna di esse è lasciata cadere per caso e spesso sono proprio quelle parole, sulle quali si è sorvolato con leggerezza, a contenere la chiave – o per lo meno una chiave – capace di aprire alla comprensione del testo. Se, dopo aver compiuto il lavoro, si fa un passo indietro e ci si rende conto di non aver capito nulla, malgrado l’attenzione dedicata anche al più piccolo dettaglio, si viene presi dal dubbiose si riuscirà mai ad afferrare e comprendere in profondità l’opera nel suo insieme e in ogni suo dettaglio. P. Gabriele Bunge, in questo volume schiude i segreti del testo e ci conduce per mano svelandoci un poco il mistero del cuore di Evagrio.
Il mondo dell’iconografia cristiana, prima ancora di essere arte, è preghiera. Questo libro è un lungo viaggio che conduce il lettore alla scoperta di una tra le più famose icone della cristianità, la Trinità. Dalle sue prime attestazioni, risalenti agli albori del cristianesimo, fino alla famosa opera del santo iconografo russo Andrej Rublëv, la storia dell’arte si fonde con una lettura teologica di grande profondità. Si tratta dell’unico approccio realmente fecondo di fronte all’arte sacra: leggere e guardare si illuminano reciprocamente, in una sempre maggiore consapevolezza del significato di ogni più piccolo particolare. È una contemplazione che si trasforma in esperienza di preghiera.
Evagrio Pontico (345 ca.- 399) è un padre spirituale e di questo occorre tenerne conto. Della copiosa dottrina di Evagrio il volume presenta un aspetto spirituale che sembra tuttora attuale: la presentazione dell'accidia. Di questo vizio altri ne hanno parlato, ma una specifica "teoria" dell'accidia si trova però solo in Evagrio stesso e dopo di lui tutti, più o meno abilmente, ne fanno la parafrasi. L'intento dell'autore non è di tracciare una descrizione storica esauriente del fenomeno "Akèdia", ma di rendere nota una dottrina spirituale molto precisa che può ancora essere utile all'uomo moderno. In questo saggio l'attenzione è rivolta ai soli scritti di Evagrio. Tanto più che lui non ci dà mai un sapere puramente libresco, da erudito, ma attinge sempre al proprio vissuto, e anche l'accidia, come egli ammette, fa parte della sua esperienza personale.