«I temi che tocco con La giornata d'uno scrutatore, quello della infelicità di natura, del dolore, la responsabilità della procreazione, non avevo mai osato sfiorarli prima d'ora. Non dico ora d'aver fatto più che sfiorarli; ma già l'ammettere la loro esistenza, il sapere che si deve tenerne conto, cambia molte cose... È un racconto non molto lungo, e in cui non succedono molte cose; è tenuto su più che altro dalle riflessioni del protagonista: un cittadino cui durante le elezioni (siamo nel 1953) è toccato il compito di fare lo "scrutatore" in una sezione elettorale che si trova all'interno del "Cottolengo" di Torino... No, per poco che cominci a spiegare e a commentare quello che ho scritto, dico delle banalità... Insomma, tutto quel che mi sentivo di dire è nel racconto, ogni parola in più già comincia a tradirlo. Dirò soltanto che lo scrutatore arriva alla fine della sua giornata in qualche modo diverso da com'era al mattino; e anch'io, per riuscire a scrivere questo racconto, ho dovuto in qualche modo cambiare.»
"Questo romanzo è il primo che ho scritto; quasi posso dire la prima cosa che ho scritto, se si eccettuano pochi racconti. Che impressione mi fa, a riprenderlo in mano adesso? Più che come un'opera mia lo leggo come un libro nato anonimamente dal clima generale d'un'epoca, da una tensione morale, da un gusto letterario che era quello in cui la nostra generazione si riconosceva, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Al tempo in cui l'ho scritto, creare una 'letteratura della Resistenza' era ancora un problema aperto, scrivere 'il romanzo della Resistenza' si poneva come un imperativo; ...ogni volta che si è stati testimoni o attori d'un'epoca storica ci si sente presi da una responsabilità speciale ...A me, questa responsabilità finiva per farmi sentire il tema come troppo impegnativo e solenne per le mie forze. E allora, proprio per non lasciarmi mettere in soggezione dal tema, decisi che l'avrei affrontato non di petto ma di scorcio. Tutto doveva essere visto dagli occhi d'un bambino, in un ambiente di monelli e vagabondi. Inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma nello stesso tempo ne rendesse il colore, l'aspro sapore, il ritmo..." (Dalla presentazione di Italo Calvino). Postfazione di Cesare Pavese.
L'origine, lo sviluppo e la funzione della fiaba studiato dal grande narratore che ha portato a termine la prima grande raccolta organica del patrimonio favolistico italiano.