Questo volume raccoglie l'intera produzione poetica di Giorgio Caproni, compresa "Res Amissa", uscita postuma nel 1991 a cura di Giorgio Agamben. È dunque possibile cogliere nella sua interezza una delle più importanti esperienze del Novecento. Il dato essenziale della modernità di Caproni osserva Geno Pampaloni in uno dei numerosi contributi raccolti nell'antologia critica in appendice - è quella sua particolare musica cui si deve la naturalezza con la quale il poeta passa, senza mutar voce, dal quotidiano all'astratto, dal colore al disegno, dal colloquiale all'epigrafico, dal domestico al metafisico.
Il volume raccoglie il meglio dei saggi letterari di Giorgio Caproni, protagonista discreto della vita culturale italiana del dopoguerra. Quello che ne esce è il percorso di un critico-poeta autorevole e lucido, grazie a una serie di doti indiscutibili: il fiuto nel riconoscere a colpo sicuro, non solo la qualità di un autore, ma anche il suo significato storico e le sue possibili linee evolutive, l'infallibile felicità nell'esprimere giudizi, la spregiudicata inventività nell'indicare connessioni e paralleli, a prima vista sbalorditivi ma illuminanti, l'assoluta non arroganza della scrittura.
Il primo dei tre racconti di questo volume, "Giorni aperti" (scritto nel '40), ha per protagonista un giovane soldato alle prese con l'esperienza della guerra: una situazione vissuta con terrore ma anche come un'avventura, con il gusto picaresco di una scommessa sulla scoperta della vita. "Labirinto" (composto durante la guerra) racconta la crudele caccia fratricida che conclude la fuga verso la salvezza di quattro partigiani. In "Il gelo della mattina" (che risale invece all'immediato dopoguerra) vediamo infine un uomo costretto a confrontarsi con l'ineluttabile, la morte della moglie, combattuto tra la propria viltà e un opposto sentimento di pietà, tra l'agitarsi di desideri inconfessabili e il peso del rimorso.