Per richiamare gli intellettuali a reinventarsi senza tradirsi. Chi sono gli intellettuali oggi? Com'è cambiato il loro ruolo al tempo di internet? Se tutti possono dialogare con tutti, se i media tradizionali di cui di solito gli intellettuali si valgono sono in crisi, chi potrà ancora ascoltarli? L'atteggiamento populista alimenta il rifiuto degli intellettuali, e le forze politiche che lo coltivano sono fondate su un falso egualitarismo che dichiara di poter fare a meno di loro; dobbiamo allora rassegnarci al trionfo di chi non sa? Contro l'epidemia dell'ignoranza e i suoi effetti negativi sulla società e sulla democrazia, un'analisi lucida e senza sconti a difesa del ruolo dell'intellettuale come critico essenziale nel «mercato delle idee».
Nel biennio 2017-2018 è iniziata una nuova fase della politica, in Italia e nel mondo? Come è cominciata? Quali sono le ragioni di lungo periodo di questo cambio di registro? Si può dire che i vinti abbiano aperto la strada ai vincitori? Questi dialoghi contengono una riflessione sulle vicende politiche e istituzionali italiane, considerando il sistema politico, i suoi dati strutturali, i modi in cui opera la democrazia, i condizionamenti e i contesti europeo e globale. L'autore esplora suolo e sottosuolo della politica, non per cercare nuove terre, ma per guardarle con occhi diversi, come in ogni vero viaggio di scoperta.
Il fascismo pretese di erigere un nuovo Stato, ma riutilizzò abbondantemente in chiave fascista elementi e residui dello Stato liberale. Autoritario e dittatoriale, concentrò il potere pubblico, ma accettò anche la sua pluralizzazione. Eliminò libere elezioni, creò un surrogato della rappresentanza politica, si valse di organizzazioni satelliti, ma ricorse ad amministrazioni parallele per gestire la crisi economica. Si proclamò anti-liberale, anti-parlamentare, anti-clericale, anti-borghese, anti-capitalistico, ma venne a patti con il Re, con il Senato, con la Chiesa e con la borghesia. Riconobbe ed esaltò la società, ma ne rigettò il pluralismo e organizzò lo Stato intorno alla figura di un demiurgo. Fu conservatore ma anche modernizzatore (dalle forme di propaganda all'architettura all'uso del cinema). Il fascismo non si lascia dunque racchiudere in una sola formula e racchiude in sé elementi contraddittori, che Sabino Cassese ricostruisce esprimendo dubbi sul valore euristico della nozione di totalitarismo.
Questo libro è un unicum. Mai fino ad ora un giudice della Corte aveva descritto il funzionamento di un organo così centrale nella vita giudiziaria e politica del nostro paese, e che parla solo attraverso le proprie sentenze. Con prosa misurata ma non reticente, sfilano nelle pagine, minuziosamente annotati, nove anni incandescenti (dal 2005 al 2014) punteggiati da sentenze "storiche", precedute e seguite da polemiche e speculazioni anche giornalistiche: dal caso Previti al Lodo Alfano, dall'ammissibilità dei referendum sulla legge elettorale al caso delle intercettazioni al presidente della Repubblica alla costituzionalità del porcellum, per citarne solo alcune. Ma non solo, emerge anche l'impegno per un miglior funzionamento della Corte, lo stimolo a superare le inerzie e i particolarismi insiti in ogni organizzazione, l'impegno per la razionalizzazione delle risorse, la battaglia per l'affermazione della dissenting opinion che consentirebbe una maggiore trasparenza.
Negli ultimi trenta anni, il diritto amministrativo è profondamente cambiato. I confini con le altre discipline sono divenuti porosi, gli istituti e gli strumenti si sono moltiplicati e differenziati, il modo di agire delle amministrazioni si è adattato al mutare dei tempi, i paradigmi concettuali hanno subito molte nuove evoluzioni. Questo volume fornisce un aggiornamento sui progressi del diritto amministrativo e fa ordine nello stato delle conoscenze attingendo alla esperienza dei due protagonisti, testimoni privilegiati ad un tempo della tradizione giuridica e della stagione delle riforme.
Siamo tutti scontenti dello Stato italiano. Governi e opinioni pubbliche delle altre nazioni europee, stupiti dalla mancanza di solidità e compattezza delle istituzioni e dalla loro difficoltà a governarci. I governanti nazionali, le cui politiche rimangono parzialmente inattuate. I governati, che lamentano costi e inefficienze dei poteri pubblici. I burocrati, frustrati e impotenti, per di più accusati del malfunzionamento dell'amministrazione. L'alta dirigenza, identificata come una casta. Le ragioni di questa situazione sono state ampiamente ricercate dagli storici. Mancava però una ricostruzione dall'interno della macchina statale italiana e un esame degli eventi esterni che ne hanno condizionato lo sviluppo nel secolo e mezzo di storia unitaria.
Gli Stati sono ancora i protagonisti della scena mondiale? Oppure sono ormai sostituiti dalle migliaia di organizzazioni internazionali nate negli ultimi anni? Se gli Stati si indeboliscono, cosa accade alla democrazia che in essi si è sviluppata? Qual è la sorte del diritto, che siamo abituati a ricondurre all'idea di Stato-nazione? L'autore cerca, per queste domande, risposte che tengano conto dell'odierna fase di passaggio, in cui l'erosione della sovranità si accompagna con il controllo degli Stati sui regimi regolatori ultrastatali, l'affermazione di standard globali con il potere ultimo di applicarli rimasto nelle mani dei governi nazionali, lo sviluppo di norme e procedure internazionali con il crescente ruolo delle amministrazioni statali e del loro diritto.
Che cosa è cambiato nel mondo del diritto e delle istituzioni nell'ultimo secolo? Come è mutato, nello stesso periodo, il modo in cui diritto e istituzioni sono percepiti e studiati? Quali sono stati i protagonisti di questi cambiamenti, o coloro che li hanno più acutamente indagati? Sabino Cassese sperimenta un modo nuovo di scrivere una autobiografia intellettuale, mettendo in primo piano le storie che attraversano e condizionano quella sua personale, l'esplosione del diritto, la perdita dell'ancoraggio statale dei poteri pubblici e della sovranità statale sull'economia, la fine dell'immortalità delle istituzioni, la forza dei miti giuridici e del formalismo dei giuristi, l'apertura verso le altre scienze sociali e la storia, la riscoperta dell'universalità dei fenomeni giuridici e dello studio del diritto, la diversificazione dei mestieri del giurista e i cambiamenti delle università. Per ognuno di questi temi e problemi, l'autore descrive il mondo di ieri e quello di oggi, fornendo un affresco in cui sono mescolate vicende reali e vicende intellettuali, politica e diritto, istituzioni e storia. Arricchisce il volume una bibliografia di scritti di Sabino Cassese dal 1953 ad oggi.
Da Villari a Franchetti, da Sonnino a Nitti, da Gramsci a Salvemini e Gobetti, i più importanti intellettuali e uomini politici dell’età liberale hanno considerato il divario Nord/Sud «la questione nazionale per eccellenza». Dopo il ventennio fascista, che cancellò dal dibattito pubblico il problema, nell’Italia repubblicana la questione ritornò nell’agenda politica dei partiti di massa. La riforma agraria, la Svimez, la Cassa per il Mezzogiorno avvicinarono le due parti del paese. Attraverso i contributi di alcuni dei maggiori storici contemporanei, che si richiamano qui a Guido Dorso e al Centro di studi a lui intitolato, il volume intende ripercorrere criticamente il dibattito e valutare l’importanza odierna della questione meridionale. Corredano la disamina scritti di Antonio Giolitti e Giorgio Napolitano.