Ci sono i comunisti e gli scomunisti, i barbari padani e i democristiani, i socialisti craxiani e non craxiani, i postfascisti e i berluscones: settant'anni di costume, di scissioni, di precisazioni, di essere uguali ma diversi hanno finito per affollare il nostro paese di tribù e sottotribù politiche, ognuna con i suoi tic, le sue parole d'ordine e di contrordine, i suoi vizi privati e le sue pubbliche virtù. Filippo Ceccarelli, "curioso di professione", si inabissa nelle infinite pieghe di questa storia cominciata con il dopoguerra e forse ora finita per sempre, e in un paese senza memoria ricuce ossessivamente i dettagli del lunghissimo romanzo italiano. Sono dettagli che parlano di noi, di chi il potere lo ha avuto e lo ha perso, di chi lo ha subìto e combattuto, alla ricerca delle tracce, dei fili in grado di raccontarci come siamo diventati quello che siamo. Sostenuto dalle carte e dai ritagli contenuti nel suo impressionante archivio sui politici italiani (334 raccoglitori e 1500 cartelle, pari a una torre di 45 metri e al tir che è stato necessario per trasferirlo alla Biblioteca della Camera dei Deputati), Ceccarelli scrive un libro che mette il Paese davanti allo specchio impietoso della sua storia, anche se "può sembrare ormai anacronistico questo andare al fondo, questo accanirsi sulle conseguenze del disincanto".
Ministre sexy, telefoni bollenti e debitamente intercettati, immondizia programmatica, ciarpame elettorale. Dal compleanno della vergine di Casoria ai massaggi del Salaria Sport Village è come se un ridicolo e osceno diavolaccio avesse piantato i suoi artigli sull’agenda d’Italia. Maiali e farfalline, coca e complotti, tatuaggi, prostata, carne fresca e chirurgia estetica. Non c’è scandalo, ormai, che non se ne trascini dietro un altro peggiore. Addio paese tollerante e disincantato. Tra le macerie della politica e i relitti del buonsenso, il casting nazionale mette in fila aspiranti imperatori della decadenza, cortigiani velenosi, teledivi capricciosi, e poi lolite, paparazzi, papponi, carabinieri marci e trans dell’altro mondo. Due anni appena e in sconsiderata allegria il Palazzo trasloca alla Suburra, destinazione malfamata per eccellenza. E qui Veronica rompe, Zappadu scatta, Gianpi procura, D’Addario registra, “Repubblica” domanda, Feltri spara, Boffo cade, in Vaticano giocano a moscacieca, Marrazzo s’inoltra nella notte infernale, Brenda va a morire ammazzata, Bologna è indecorosamente espugnata dal Cinziagate e tra un appalto e l’altro la Cricca codifica il tariffario della tangente sessuale.
Con ironico sgomento Filippo Ceccarelli, un veterano di queste faccende, delinea i moduli della pornocrazia senza alzare il ditino del moralista; si diverte piuttosto a interpretarne segni, presagi e risonanze con l’ausilio trepido e meticoloso di oroscopi, pitture, mitologia, videogiochi, canzoni, frammenti di diario e di poesia, da Esiodo a “Novella 2000”.